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Autore: admin_samu

Supermercato

Per un corso di scrittura mi è stato chiesto di scrivere un racconto fantasy in duemilacinquecento battute spazi inclusi. Ora, facendo mente locale sono piuttosto convinto di non aver mai letto un fantasy in vita mia, e se non l’ho mai fatto, un motivo ci sarà. Sta di fatto che l’ho scritto e nel rileggerlo la prima cosa che ho pensato non è stata “fantasy” bensì “appletini”. Tutto ciò per dirvi che mi è sembrato il caso di postarlo qui.

Supermercato

– Salve… senta, mi può fare un conto separato? Uno scontrino per il detersivo, e un altro per tutto il resto. È un problema?

– Nessun problema, si figuri. Ha la tessera?

– La tessera? No, è la prima volta che vengo qui.

– Ah, ok. Le bombe a mano le metto in un sacchetto a parte?

– A parte? Non so, pensa che sarebbe il caso?

– Be’, giusto per tenerle separate dal cibo e dal plutonio.

– Non saprei…

– Qualcosa non va, signore?

– Be’, ha… ha visto anche lei il tizio che è appena entrato?

– Certamente.

– E le sembra… cioè, le sembra a posto?

– A posto, dice? Mi dica se esiste ancora qualcuno “a posto”, a questo mondo.

– Si, ok, ha ragione, però, intendo dire, l’ha visto bene? È… è orrendo!

– Mia nonna diceva sempre che “ogni scarrafone è bello a mamma sua”.

– E che roba è uno scarrafone?

– Francamente non lo so, credo una qualche sorta di animale. Estinto, in ogni caso. Doveva essere molto brutto. Senta, scusi la schiettezza, il detersivo riuscirebbe a imbustarselo da solo? Sa, per me è un po’ complicato, è… pesante.

– Certo, si figuri. In effetti mi chiedevo come… cioè, non avevo mai visto uno… uno come lei, alle casse.

– Be’, sono qui da poco: sono stato assunto tramite i servizi sociali. Uno di quei posti di lavoro per disabili.

– Capisco. Comunque la ammiro, sa? Non dev’essere facile. Cioè, intendo… voglio dire, con que… oh, mi scusi. Mi scusi tanto.

– Con quegli arti superiori, voleva dire? Non si preoccupi, ci sono abituato: e poi è la verità, non ci posso fare assolutamente nulla. Ma la chirurgia sta facendo passi da gigante, sa? Tra qualche anno sarà normalissimo, per noi, fare questo tipo di lavoro. Un giorno saremo considerati uguali agli altri, vedrà.

– Ne sono certo. Quanto le devo?

– Sono quarantasette, tondi tondi.

– Ecco qua. Be’, allora le faccio i miei migliori auguri per il nuovo impiego.

– La ringrazio. Mi raccomando, si copra bene: fa molto freddo, fuori. E l’ultima volta che è successo non ce la siamo cavata benissimo.

– Su questo ha assolutamente ragione.

– Ah, si chiamano “umani”, comunque.

– Ma chi?

– I tizi come quello che è entrato prima. Uno di quelli che abitavano qui, una volta, prima di estinguersi, o quasi. Hanno fatto qualche pasticcio col nucleare. Be’, arrivederla, torni presto a fare la spesa da noi!

– Non mancherò. A presto!

Uscì dal negozio col sorriso, pensando che il mondo è davvero un bel posto se tutti, una volta nella vita, possono avere un’opportunità.

“Un tirannosauro cassiere”, pensò: “mia moglie non ci crederà mai!”.

E se ne volò verso casa, coprendosi bene.

L’invenzione del balcone

C’è questo libro che uno ti chiede di chi è? e tu rispondi di Gene Gnocchi e questo ti risponde a sua volta ah, be’,allora è una cazzata, cioè, nel senso buono, nel senso che fa ridere e tu rispondi nuovamente be’, sì, però sai quando succedono quelle cose strane del tipo che te ne stai due giorni chiuso in casa a leggere e senti qualcosa di simile alla malinconia e hai voglia di sentire il rumore della pioggia e allora apri un sito che si chiama rainymood.com e lui fa esattamente quello: il rumore della pioggia. Allora te ne stai lì pensando che non è una cosa vera ma nonostante questo è esattamente quello che volevi sentire: poi, ad un certo punto, sei lì che pensi “ok, ora basta”, chiudi la pagina, spegni il computer, giri lo sguardo verso la finestra e sta cominciando a piovere, e allora sorridi. Hai presente? Ecco, ora pensala al contrario: immagina di sorridere in continuazione e poi, ad un certo punto, di sentire all’improvviso qualcosa di simile alla malinconia. L’hai pensato? Ecco, ‘sto libro è più o meno così. Tu te la ridi, ma quando meno te l’aspetti lui ti lascia secco.

 

Gene Gnocchi – L’invenzione del balcone (Bompiani, 2011)

19 AGOSTO (pag.100, 101)

Un mio carissimo amico, Nunzio Lichtesteiner, si è trovato senza lavoro. Aveva una ditta che posavano la granella sul Buondì. Poi la Motta ha deciso di delocalizzare la positura della granella in Polonia e lui ha chiuso la sua ditta individuale lasciandosi a casa. È stato a casa per più di un anno, senza lavorare, seduto alla finestra in canottiera a guardare chi passava per strada confrontando, soppesando, valutando.
Nel viavai ininterrotto qualcuno che passava sempre alla stessa ora ha smesso, altri col cappello l’hanno tolto, tre o quattro sono vistosamente dimagriti, una domenica è anche passato Napolitano in visita, alcuni sono passati con una fidanzata che era passata poco prima con altri fidanzati. Un periodo ha anche avuto degli operai sui ponteggi a un metro di distanza che dipingevano la facciata del palazzo e ha scambiato due chiacchiere sul loro lavoro.
In questo anno così speso a guardare fuori ha imparato che non lavorare non abbruttisce e non stanca, però con un socio, dopo tanto tempo, ha aperto una piccola ditta, non più individuale: si chiama Mondi mappati e costruisce mappamondi su misura. Sono anche mappamondi da arredo come quelli che li apri e ci tieni dentro le bottiglie di liquore o anche mappamondi che si illuminano con la luce dentro il filo e con la spina per la presa.
La novità è che loro li fanno su misura. Se uno per esempio vuole un mappamondo senza il Benelux lo fanno senza il Benelux. Se uno viceversa vuole due o più Benelux riempiono il mappamondo di Benelux anche escludendo altri Stati oppure aggiungendo alcuni Benelux alla geografia esistente. C’è gente che non vuole il lago di Garda, altri non vogliono semplicemente città perché lì ci sono morte persone care. Oggi hanno fatto un mappamondo senza l’Africa, l’Asia e i paesi dell’Est per venire incontro alle esigenze della Lega Nord. È un mappamondo dove c’è solo la Padania bagnata dall’oceano Pacifico a nord e dall’oceano Atlantico a sud, col Po che si getta direttamente nell’oceano Indiano e con Monza capitale.
Dice Nunzio che gli affari vanno bene anche se sono sempre di più quelli che entrano e chiedono un mappamondo senza mari, senza isole, senza deserti, senza montagne, senza pianure, un mappamondo con solo una leggerissima brezza, un po’ di vento, una bava che sparigli appena i capelli, un mappamondo per persone che questo mondo, per ragioni che non vogliono dire e che nemmeno si intuiscono in quelle facce dure e segnate, non lo vogliono più.
“E noi”, dice Nunzio, “siamo costretti a dire che no, che non possiamo farli questi mappamondi, perché il vento, anche leggero, anche provando e riprovando, il vento che ti spariglia appena un po’ i capelli, nessuno, sul mappamondo, è mai riuscito a farlo.”

 

God of the week

Cecilia Gimenez, un’anziana signora di 81 anni residente a Borja, un piccolo comune spagnolo di 5000 abitanti della provincia di Zaragoza, ha deciso – sua sponte e senza alcuna autorizzazione ufficiale – di restaurare un logorato affresco presente nella chiesa locale “Santurario de la Misericordia”.

L’opera, intitolata Ecce Homo, fu originariamente dipinta dall’artista Elías García Martínez agli inizi del secolo XX.

Nonostante la buona fede (e l’ingenuità) della signora Cecilia, che “voleva soltanto abbellire un affresco ormai rovinato”, la restaurazione ha provocato un’ondata di scalpore e dissensi. L’assessore alla cultura del comune di Borja assicura di aver già contattato un team di restauratori esperti per cercare di rimediare alla sfortunata vicenda dell’opera che è stata ormai ribattezzata da molti “Ecce Mono” (ecco la scimmia).

Intanto però la notizia ha fatto il giro del mondo.

Su Facebook è stato aperto il Club dei Fan di Cecilia, che al momento conta più di 80.000 iscritti. E c’è anche chi ha lanciato una raccolta di firme (raccogliendone oltre 20.000) perché l’opera in questione rimanga così com’è ora, il lavoro di un’artista spontanea, un atto di amore, che riflette la situazione politica e sociale dei nostri tempi. Una combinazione intelligente dell’espressionismo primitivo di Francisco de Goya, con figure come Ensor, Munch, Modigliani o il gruppo Die Brücke, appartente alla corrente artistica dell’espressionismo tedesco.

L’affresco “Ecce Homo” della chiesa di Borja, in Spagna, prima e dopo la restaurazione ad opera della signora Cecilia

Appletini non può che appoggiare la purezza e la spontaneità dell’arte, in tutte le sue fòrme e colorazióni, pertanto tutto il nostro supporto va a doña Cecilia!

GOD OF THE WEEK

God of the week

Jonah Falcon, l’uomo col pene più grande del mondo fermato alla TSA

Il 41enne è stato contattato da diverse aziende porno per realizzare dei film, ma ha sempre rifiutato pur partecipando a vari talkshow USA.

Jonah Falcon è stato fermato e perquisito dagli agenti della TSA (Zona Temporaneamente Riservata) presso l’aeroporto internazionale di San Francisco il 9 luglio scorso a causa di un rigonfiamento sospetto nei suoi pantaloni. Ma il 41enne di New York non era colpevole di trasportare una bomba, dei farmaci o il tubetto del dentifricio. Ha semplicemente il pene più grande del mondo. In un’intervista esclusiva al The Huffington Post, Falcon ha descritto i difficili momenti con le guardie di sicurezza dopo che il suo bagaglio a mano è diventato sospetto.

Il pene di Falcon ha una lunghezza di 22,8 centimetri in stato flaccido, mentre raggiunge i 34 centimetri in erezione. L’uomo ha raccontato che una delle guardie gli ha chiesto se le sue tasche fossero vuote e lui ha risposto di sì. “Un’altra guardia mi fermò e mi chiese se avevo avuto una sorta di crescita” ha raccontato Jonah, ridendo. In realtà è così. Dall’età di 18 anni, sapeva di avere qualcosa di speciale, quando la sua virilità raggiungeva la lunghezza di 30 centimetri. Il suo gioiello di famiglia è stato salutato come il più grande del mondo dopo che un documentario HBO lo ha presentato come tale nel 1999. Il Guinness dei primati non registra però tali prodezze.
Jonah Falcon è stato contattato da diverse aziende porno (anche se non ha mai accettato di realizzare film) ed è apparso in  quasi tutti i talkshow del Paese. Passando attraverso la sicurezza aeroportuale, il 41enne ha detto che una guardia di sicurezza più giovane si sentiva inquietata dal suo pacchetto “molto evidente”, interpretato quasi come una sorta di minaccia biologica. Ha poi raccontato divertito di quando gli hanno anche messo addosso della polvere sui pantaloni, probabilmente per rilevare la presenza di esplosivi. Ma nulla da fare, il rigonfiamento era semplicemente il suo pene. Falcon è poi riuscito a ritornare a New York in tempo. Insomma tutto è bene quel che finisce bene. Sebbene venga spontaneo chiedersi: come reagiranno le donne dinanzi a cotanta abbondanza?

Benvenuti nella mia testa

C’ho voglia di cuori di palma. Cazzo che voglia di cuori di palma. Ci saranno? Dove saranno? Uhm… dove c’è la roba nei vasetti di vetro. Sottaceti! Dove ci sono i sottaceti! Vediamo un po’: cetriolini, carciofini, fagiolini… ma perché li fanno finire tutti in “ini”? Cazzo, non ci sono, i cuori di palma. Da dove diavolo arrivano, poi? Uhm, credo dal Costa Rica. Potrei aprire un negozio di cuori di palma. Magari faccio una convenzione col Costa Rica, così mi ci faccio pure tre-quattro viaggi all’anno. Sarei l’uomo Del Monte dei cuori di palma. L’uomo Del Palma. Figata. Magari quando ho finito qui vado a comprarmi un panama e una camicia da stonzo. Dove cazzo l’ho messo il carrello? Ah, eccolo. Ehi, eccoli qui! Poi, poi, poi… melone, Sì, melone col crudo. Adesso mi metto di fianco a quella tizia e faccio finta di essere un espertone di meloni. Guarda come lo annusa: ma ci si capisce davvero qualcosa, annusandolo? Naa. Lo picchietta pure col pugno. Bah. Sta bussando a un melone. Adesso mi metto dietro la sua schiena e faccio finta di essere il melone che le risponde chi è?. Però dovrei farlo con la voce da melone, ma non so se sono capace di farla. Vabbè, faccio finta di annusarli pure io che non voglio essere da meno, e poi ne piglio uno a caso. Ecco, questo va benissimo. Ah, già, devo pesarlo. Che tasto è? Centoquarantanove. Ok, la bilancia dove sta? Eccola. Ok, ehm… che cazzo di numero era? Ah, sì, centotrentanove. Carrube? Merda, ho sbagliato numero, mi sono fatto uno scontrino per duechilicentocinquantagrammi di carrube. Chi cazzo se li compra due chili di carrube? Vabbè, lo rifaccio dopo. Guardiamo un po’ cosa c’è qui… CILIEGIE, cazzo! Minchia che voglia di ciliegie, ucciderei per una ciliegia. Ne prendo un chilo. No, due. Voglio passare tutta la sera a mangiare ciliegie ascoltando canzoni struggenti, sarebbe fighissimo. Io, il gatto e le ciliegie. Oddio. Oddio, è bellissima. Adesso vado lì e glielo dico: sei bellissima. Ti ho vista mentre sceglievi la frutta e sei davvero bellissima. Stavolta lo faccio, giuro. Certo che a volte le donne ti fanno uscire di testa: si mettono lì a scegliere una pesca come fosse la cosa più importante del mondo. E quando trovano quella giusta  – e chissà come diavolo fanno a capire qual è, tra mille – sorridono. Poi dice che uno non ci deve uscire pazzo. Giuro, glielo dico. Macché, solo a pensarci sto andando in tachicardia. E poi, è dalle elementari che mi dico “adesso vado lì e glielo dico”. C’hai trent’anni, cazzo. Ma poi magari mi piglia per un invertito. Boh. Ehi, ci sono i ghiaccioli in offerta! Ci sarà un pacco da trecento ghiaccioli azzurri? Che il pacco misto mi sta sulle palle. È che gli altri li posso anche mangiare, ma quello marrone non lo sopporto. Lo mangerà, il gatto, il ghiacciolo marrone? Naa. E poi per stasera gli ho già promesso che facciamo a metà con la bistecca. Che poi tanto lo so che alla fine mi guarda e io gliene do tre quarti e non mangio un cazzo. Però magari poi mi restituisce il favore e si ferma un po’ con me per quella cosa delle ciliegie. Cazzo, non le ho ancora prese, le ciliegie. Che voglia, di ciliegie. Ecco qua: otto ghiaccioli azzurri. Ne volevo trecento, ma vabbè. Potrei prenderne quaranta confezioni, però: sai che bello arrivare in cassa con quaranta confezioni di ghiaccioli azzurri? Speriamo ci sia la cassiera con le mani belle. Vabbè, un pacco da otto di ghiaccioli azzurri e mi accontento, li metto nel carrell… ehi, quando cazzo li ho presi i Tampax? Merda. Sto andando in giro col carrello di qualcun altro. Dove diavolo è il mio? Ah, eccolo. Li ho presi i cuori di palma? Ah, sì. Ok, ho tutto, no? Vediamo un po’… sì, cazzo, c’è la cassiera con le mani belle. All’altra cassa c’è meno coda, però. Ma che mi frega, io vado dalla cassiera con le mani belle e la guardo mentre fa passare i codici a barre. Poi magari glielo dico, che ha le mani belle. Sì, ok, non belle come quelle di lei, però belle. Chissà cosa sta facendo, lei, adesso. Chissà se ogni tanto si chiede cosa faccio io. Sarebbe bello. Magari da qualche parte i nostri pensieri si incrociano e si salutano. Magari si abbracciano. Ed è un po’ come se ci abbracciassimo anche noi. Quasi quasi mi piglio un kinder Bueno. Che bastardata mettere i cioccolatini alla cassa. Ma no, dai, fa troppo caldo per il cioccolato. Qui dentro però c’è un bel fresco. Come minimo, col caldo che c’è di fuori, quando esco mi piglio una polmonite di quelle giuste. Chissà chi sarebbe il primo a venirmi a trovare in ospedale. Boh, speriamo mi porti una birra fresca. Ci saranno le birre nei distributori degli ospedali? Be’, no, che domanda del cazzo. Potrei aprire una ditta di distributori di birra per ospedali, anzi! Distributori di birra e cuori di palma. Ehi, tocca a me. Che belle mani. Adesso glielo dico. Giuro, glielo dico. Macché, solo a pensarci sto andando in tachicardia. E poi, è dalle elementari che mi dico “adesso vado lì e glielo dico”. C’hai trent’anni, cazzo. Ma poi magari mi piglia per un invertito. Boh. Ho pensato la parola “dico” un sacco di volte, se stessi scrivendo i miei pensieri non andrebbe mica bene, troppe ripetizioni. Mi servirebbero dei sinonimi. Che belle mani. Dai, adesso basta minchiate, glielo dico. È una cosa bella, no? Semplice. Pulita. “Sai, hai delle bellissime mani”. È una cosa bella, no? Ora glielo dico. Giuro. Magari prima di andare via, poi mi giro e me ne vado di buon passo. Non sarà mica la fine del mondo. Sì, ecco, faccio per andarmene, torno indietro dopo un poco e le dico “Mi sono dimenticato di dirti una cosa, prima: hai delle bellissime mani” e me ne vado. Sì, lo posso fare.

«Sono sessantaquattroeuroenovanta»
«Eccoti. Ciao, grazie.»
«Grazie a te. Ciao!»

(trenta secondi più tardi)

«Scusa, mi sono…»
«Come?»
«No, dicevo… mi sono dimenticato, ehm…»
«…»
«Mi sono dimenticato le ciliegie, cazzo.»

 

Se qualcuno si stesse chiedendo che significato abbia la roba che ha appena letto, be’, non lo so. Nessuno, credo. Sono solamente andato a fare la spesa.

Però, be’, sì, insomma: benvenuti nella mia testa.

 

God of the week: la passione per i funghi

Anni fa, a casa di un amico, creammo (con dei post-it, se non ricordo male, o qualcosa del genere) un pene di discrete dimensioni sul soffitto della sua stanza. Come da prassi, nessuno lo tolse da lì per anni. Quando lo vide suo nipote (che all’epoca avrà avuto, che ne so, otto o nove anni) ci chiese, smarrito: “Perché sul soffitto c’è un’àncora?”. Ora, come potete ben capire, la domanda è duplice: era lui ad avere dei problemi cognitivi o noi ad essere dei pessimi artisti? E poi, essere degli artisti del cazzo significa saper creare dei magnifici manufatti a forma di pene oppure (nella più classica delle accezioni) non essere affatto degli artisti? E che caldo, mamma mia. Non se ne può più di questo caldo. Non mi lamentavo del clima in questo modo da quando ho smesso di lamentarmi per la pioggia, tre settimane fa. E tre settimane fa non mi lamentavo del clima da quando avevo smesso di lamentarmi del freddo, un mese e mezzo fa. E poi quando sono andato a pagare l’IMU pioveva, per cui mi sono lamentato della pioggia e dell’IMU contemporaneamente. E ho pensato che è una vita di miserie.

Ma che cazzo me ne frega, tanto è venerdì.

una giornalista: «e’ una variante del leggendario ling zhi» ma era una vagina artificiale

Cina, Tv: «Scoperto fungo rarissimo». Ma è un giocattolo sessuale

L’emittente locale si scusa, dopo l’ironia del web

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MILANO – La rete ride, da una parte all’altra del mondo: durante gli scavi per un nuovo pozzo in un piccolo villaggio cinese, un uomo trova uno strano oggetto, ai suoi occhi «misterioso». Chiama la tv locale che manda immediatamente sul posto la sua miglior reporter, Ye Yunfeng. La giornalista crede aver fatto luce sulla vicenda e con toni euforici svela: è un fungo rarissimo, quasi sicuramente una variante del leggendario Ling-Zhi, noto anche come «fungo dell’immortalità». La telecamera stringe, la giornalista curiosa lo tocca e lo presenta da ogni lato, il video fa il giro del web.

FUNGO O NON FUNGO – Dopo la messa in onda del servizio, i telefoni dell’emittente non smettono più di squillare. Quella cosa è una sensazione. Trovata da un agricoltore nella provincia cinese. È sconosciuta, inesplicabile, forse anche un po’ inquietante. La storia viene raccontata domenica sera dalla reporter Ye Yunfeng nel programma investigativo «Xi’an Up Close». Come si vede dalle immagini, «la cosa» è tenuta a mollo in un catino. Intorno, un gruppo di uomini la scruta in cerca di risposte. Tutti sembrano d’accordo: è un fungo misterioso, cos’altro? Un abitante spiega ai microfoni di aver fatto una ricerca su internet, di aver scoperto che si tratta del fungo Ling-Zhi. Persino l’anziano del villaggio, un ottantenne, sottolinea di non aver mai visto nulla di simile. Ye Yunfeng si china, cerca di descrivere il fungo: «Potete notare la doppia testa alle estremità e su una di esse quelle che sembrano un paio di labbra; sull’altra parte c’è un minuscolo foro. L’oggetto è lungo 19 centimenti, luccicante e particolarmente carnoso».

«GIOVANE E INESPERTA» – Ye parla con voce ferma. Lei è certa: stavolta ha davvero trovato qualcosa di enigmatico. Come fra gli altri riporta l’informatissimo blog “shangaiist” l’arcano viene presto svelato da alcuni attenti telespettatori. Quell’oggetto non è altro che un sex toy, nello specifico una vagina artificiale. Il giorno seguente l’emittente si scusa sul proprio sito e, con un po’ d’imbarazzo, ringrazia per la correzione e sottolinea: «La giornalista è ancora molto giovane e inesperta».

Cose davvero importanti nella vita

Quando ero piccolo mio nonno ripeteva sempre “scrivi le cose che ti succedono, così quando sarai vecchio e rincoglionito come me le potrai ricordare, e quando non ci sarai più resterà memoria di te nei secoli dei secoli”.
Amen, rispondevo io.
Ma un giorno decisi di ascoltarlo, così, per gioco, e cominciai davvero a scrivermi tutto. Qualunque cosa mi accadesse, io la scrivevo: una bambina che mi piaceva, un giocattolo rotto, la mia nuova collezione di zampe di ragno.
Per dire, mi annotavo davvero tutto.
Dopo qualche settimana tornai da lui col taccuino in mano e un fantastico sorriso a dieci denti (gli altri li stavo cambiando) e glielo mostrai. Lui lo lesse, mi guardò a sua volta con un sorriso compiaciuto (a dieci denti pure il suo, che gli altri li aveva persi) e disse: buttalo.
Non afferrai subito il concetto, perché nel frattempo stavo riflettendo sul fatto che Dio deve aver pensato che il numero di denti al mondo deve essere sempre uguale: è per questo che ai bambini crescono e ai vecchi cadono. O meglio: ai bambini molto piccoli crescono, e crescono perché ai bambini un po’ più grandicelli cadono, ma poi a questi ultimi ricrescono perché nel frattempo cadono ai vecchi. Cioè, è una specie di cessione reciproca dei denti, no? Una catena di Sant’Antonio dentaria.
Allora ho ripreso il mio taccuino e me sono tornato a casa, mi sono messo sul letto e lì ho cominciato a pensare. Perché prima mi aveva detto di tenere un taccuino, e poi di buttarlo?
Fu così che il giorno seguente mi presentai da mio nonno per chiedere spiegazioni, e lui stava facendo la cacca.
Mi avvicinai alla porta del bagno, bussai e dissi: « nonno!»
E lui: «Sto cagando!»
E io: «Sì, l’avevo intuito! Ma com’è ‘sta cosa del taccuino?»
« Quale cosa del taccuino?»
« Ma sì, quella cosa che devo buttare il taccuino…»
E lui: «solo le cose importanti, devi scrivere!»

Le cose importanti.

«E quali sono le cose importanti, nonno?»
«Quelle che devi scrivere perché sono troppo grandi per tenertele dentro.»
«Nonno?»
«Dimmi!»
«La tua cacca quanto è grande?»
«Aah… lascia stare: scrivi quello che ti pare.»

E così ho fatto.