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Autore: admin_samu

God of the week: quando l’amicizia è più forte della morte

“Weekend con il morto”: porta l’amico deceduto in uno strip club

Un uomo è accusato di avere girato per un’intera serata con un amico deceduto in macchina, portandolo in alcuni bar e in uno strip club, prelevando anche del denaro dalla carta bancomat del trapassato.

Inizialmente si era diffusa la spiegazione che l’uomo, il 43enne Robert Young, volesse in questo moro onorare un ultima volta l’amicizia con il coetaneo Jeffrey Jarrett, che l’autopsia ha rivelato essere morto per un mix letale di alcol e droga.

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Successivamente, sembra anche su suggerimento del suo legale, Young ha cambiato la sua versione, giustificandosi sostenendo che non pensava che Jarrett fosse morto, ma solo svenuto o addormentato, e lo avrebbe portato in giro perché pensava si sarebbe ripreso da un momento all’altro.

(fonte: notizie.delmondo.info)

La festa della *onna

Non sono mai stato uno a cui piace festeggiare quando c’è da festeggiare, non so se mi spiego. Sono uno di quelli che mangia volentieri il pandoro solamente a Gennaio inoltrato e che a San Valentino non ha in casa nulla la cui forma possa ricordare anche solo vagamente quella di un cuore. Nemmeno il mio cuore ha la forma di un cuore. Cioè, ce l’aveva prima che passassi tu. Ora è più un ellissoide, direi: un ellissoide con qualche imperfezione. Avresti dovuto pensarci, prima di giocarci a bowling: ho fatto una fatica, a rimetterlo al suo posto. Non è facile sistemare una cosa a forma di ellissoide in un buco a forma di cuore. Però, come si suol dire quando si va a trovare un’amica esausta dopo il parto, non è facile nemmeno far passare una testa grossa come un melone attraverso un buco grande come un limone. Per cui, insomma, qualcosa farò: una limatina, magari. Con una lima si possono risolvere molti problemi, nella vita. Non te li risolve come potrebbe farlo una fionda, ma funziona.

Insomma, quello che volevo dire è che nonostante non sia uno che festeggia a comando, oggi vorrei fare un’eccezione e fare un augurio gigantesco alla mia nonna. Ha ottantacinque anni ed è bellissima, cucina una pizza alta come una torta paradiso e quando ti svela una delle sue ricette non te la dice mai esattamente com’è, perché i suoi segreti se li vuole portare nella tomba. E mia mamma dice che si lamenta sempre per un sacco di dolori ma mai una volta che si lamenti quando ci sono io. E so che una volta, prima di morire, le piacerebbe sentirmi suonare la chitarra, ma io mi vergogno a farlo e lei si vergogna a chiederlo e alla fine restiamo lì a guardarci in silenzio e va bene lo stesso, e poi alla fine faccio finta di addormentarmi sul divano e a lei piace perché le ricorda quando da piccolo dormivo lì, il Sabato sera, e sorride.

E così, in questo giorno, vorrei fare gli auguri a lei, l’unica persona che possa festeggiare oggi: auguri. Buona festa della nonna.

“Ehm… QuandoSiFaBuio, oggi veramente sarebbe la festa della Donna… donna, con la D.”

“Festa della donna? E che si festeggia di preciso?”

“Beh, le loro conquiste sociali e politiche e le donne che sono morte per i loro diritti”.

“Le conquiste sociali e politiche? E le festeggiano vestendosi da zoccole per andare a vedere dei culi maschili depilati?”

“Già.”

“Cazzo, questa la devo raccontare a mia nonna.”

 

Dammi tre parole: entropia, follia, nutella

La nostra rubrica “dammi tre parole” funziona così: voi mi suggerite – sulla pagina appletini di facebook oppure all’indirizzo mail posta@appletini.it – tre “parole chiave” da utilizzare, e io ci scrivo il post; fermo restando che scrivere una storia è un po’ come tessere una tela, e io non sono un ragno.

Le tre parole gentilmente proposte da un’affezionata lettrice sono: entropia, follia, nutella.

 

L’altro giorno stavo tornando a casa dopo una dura giornata di lavoro e mentre parcheggiavo di fronte alla mia magione ho notato un certo traffico davanti all’ingresso del giardino del mio vicino: un tizio a bordo di un piccolo trattore col quale trainava un carretto carico di piante di vario tipo stava scaricando l’ingente quantità di vegetali proprio lì, sul marciapiede, appena fuori dal cancellino. Incuriosito mi sono avvicinato chiedendo lumi e pensando tra me e me: “Dopo aver appeso una cicogna gigante all’ulivo in giardino quando è diventato padre, quale altra accattivante iniziativa avrà in serbo questo imbecille per me ed il vicinato tutto, stavolta?”. Ho così scoperto che la casa di fianco alla mia in questo periodo diventerà nientepopodimenoche la “prima stazione” della via crucis del paese. Ora, per quanto la via crucis abbia nella mia vita la stessa importanza che può avere la scritta “La legge è uguale per tutti” nell’aula in cui si tiene il processo a Berlusconi (cioè zero, se qualcuno non propriamente brillante non avesse colto l’ironia) la cosa non è particolarmente di mio gradimento, perché avere un via vai di fedeli che venerano un marciapiede – perché per quanto abbellito con dei ceri da morto e una quantità di piante da far invidia alla foresta amazzonica, resta sempre e comunque un marciapiede – non corrisponde esattamente al mio concetto di felicità.

Questa è la premessa: ora vi racconterò cosa mi è successo la notte stessa.

Rientrando a casa dopo una serata piuttosto tranquilla sono passato nuovamente di fronte a quell’altarino, con i suoi ceri (li tengono accesi ventiquattro ore al giorno) e la sua foresta pluviale tutt’intorno. Così, dopo aver posteggiato l’auto, per curiosità mi sono avvicinato a questa stramba composizione notando che le piante erano molte più di quanto non si potesse intuire da una prima, disattenta occhiata. Distese di salici piangenti, foreste di sequoie, baobab, un piccolo lago in lontananza, dei tirannosauri che giocavano felici all’orizzonte. Pensavo di dare un’occhiata alla composizione floreale di una minuscola stazione della via crucis e invece mi sono ritrovato per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. La vegetazione si è richiusa dietro di me e non potevo far altro che proseguire, con estrema attenzione. Dopo alcune ore di cammino ho fortunatamente incontrato Frodo Baggins, un vecchio amico hobbit che conobbi anni fa alla sagra del montone, a Bali: egli poteva indicarmi cosa fare. Dopo un lungo silenzio, parlò:

“Caro, amico… che piomba quella volta alla sagra del montone, con la doppio malto!”, disse.

“Ehm… si, è vero, ma ora avrei bisogno di sapere come andarmene da qui”, risposi io.

“Capisco… Atreyuuuuuuuuuuuu!”

“Atreyu?”

“Sì, Atreyu. Ti condurrà dal saggio: solo lui sa come uscire da qui”

“Ma Atreyu era ne “la storia infinita”: dove cazzo è Gollum?”

“Gollum? Uhm, Gollum, Gollum… Aaah! Intendi lo sgorbio! Si prostituisce sulla tangenziale che si trova dopo la foresta incantata”.

“Gollum fa la puttana?”

“Già. Atreyuuuuuuuuu!!”

“No, no, senti: lascia stare Atreyu, non voglio avere a che fare con un mulatto passivo aggressivo. Tu dimmi solamente in che direzione devo andare, e poi mi arrangio da solo”.

“Come vuoi, amico: prosegui verso Nord-Est, alla seconda rotonda a sinistra, e poi chiedi”.

“D’accordo: grazie, Frodo. Senti un po’, ma… mi potresti svelare che luogo è mai questo?”

“Benvenuto nel regno di Entropia, amico. Il luogo del disordine, dei fenomeni non lineari: un luogo in cui Gigi D’alessio ha scongiurato una guerra atomica e Ambra Angiolini è ininterrottamente prima in classifica con t’appartengo ed io ci tengo e se prometto poi mantengo, dal novantaquattro. Entropia è il regno in cui tutto ciò che è, non è; e tutto ciò che non è, è.

“Eh?”

“Eh. Vattene da qui. E quando ti addentrerai nella foresta stai molto attento a Denver, il cucciolone verde senza età. É in calore.”

“Eh?”

“Eh. Vai, ora.”

Una volta seguite le indicazioni e percorsa la strada indicatami dal piccolo hobbit ho trovato un capo indiano fuori da un bar, il quale mi ha nuovamente indirizzato sulla retta via esordendo così: “Uomo bianco, vieni qui!”

“Stai attento, non ci andare!”, diceva una vocina nella mia testa.

“Posso leggerti il futuro, se lo vuoi”

“Dì di no!”

Gli sorrido, dico ok: nei sassolini osserva i fatti miei. Uò uò uò.

“Viso pallido, ti sta ingannando: non la troverai. Sono mesi che stai cavalcando, dimmi: dove andrai?”

“Veramente sono qui da poche ore e sarei a piedi”

“Ma… non sei Max Pezzali?”

“Ehm… no: non vedi che ho i denti dritti? Sono QuandoSiFaBuio, di appletini.it: sto cercando il saggio”.

“Ah. Allora prosegui per quella strada, fino in fondo. Troverai un bivio: da una parte si va verso il lago placido, dall’altra verso la palude-infernale-del-non-ritorno-se-entri-qui-lo-prendi-nel-culo-di-traverso.”

“Quindi devo proseguire per la palude mortale ecc ecc, presumo.”

“No. Tu vai verso lago placido. Il saggio vive lì.”

“Il saggio vive a lago placido? Ma che cazzo di racconto di avventura è mai questo?”

“Questo non è un racconto di avventura, cazzone: è la rubrica dammi tre parole, e tu sei a tre quarti del racconto e ne hai utilizzata solamente una.”

Con questo consiglio nel taschino ho preso la via che portava a lago placido e, dopo aver consumato un pasto frugale in una rinomata trattoria della zona (trattoria “Da Betty”, consigliatissima), ho concluso il cammino e raggiunto l’abitazione del saggio, una villa in stile liberty circondata da un fossato nel quale i coccodrilli cantano in coro Who wants to live forever dei Queen.

“Dlin dlon”

“Sì?”

“Sì, ehm… salve, sono QuandosiFaBuio, stavo cercando il sagg… ehy! Ma tu sei Macaulay Culkin, quello di Mamma, ho perso l’aereo!

“Già, proprio io. Cazzo vuoi?”

“Credevo fossi in una clinica a disintossicarti: che diavolo ci fai a casa del saggio?”

“Io sono il saggio, gran cazzone”

“Tu sei il saggio? Ma com’è possibile?”

“Ti sei inoltrato tra le piante della stazione della via crucis costruita dal tuo vicino di casa: all’interno di questa hai scoperto un regno chiamato Entropia, in cui Ambra è prima in classifica dal novantaquattro. Hai camminato per ore, visto dinosauri, incontrato Frodo Baggins che voleva chiamare Atreyu e ti ha detto di stare attento a Denver che vorrebbe incularti, ti sei imbattuto in un indiano che aspettava Max Pezzali, sei arrivato ad una villa liberty circondata da coccodrilli che cantano Who wants to live forever dei Queen, e hai ancora il coraggio di stupirti?”

“Devo dire che messa così non fa una piega: senti un po’, come me ne vado?”

“Non si può fuggire da Entropia, il regno in cui tutto ciò che è, non è; e tutto ciò che non è, è.”

“Eh?”

“Eh. Dovresti attraversare la palude inattraversabile che però, come il nome stesso vagamente suggerisce, non è attraversabile.”

“Ma non è possibile! Qui siamo ad Entropia, il regno dei fenomeni non lineari, il posto in cui tutto ciò che è, non è; e tutto ciò che non è, è!”

“Eh?”

“Eh! Quindi ci sarà un modo per andarsene, dico io!”

“Beh… no. Dài, entra, ti offro qualcosa. Qui non è tanto male, in fondo: ti ci abituerai. Ti piace Ambra?”

“No, perdio!”

“Tieni: rifocillati. Questo è uno spuntino di mia invenzione.”

“Che roba è?”

“L’ho chiamata follia alla Nutella. Praticamente è un vasetto di Nutella da cinque chili pressato e concentrato in un cubo di cinque centrimetri di lato.”

“Tu hai concentrato cinque chili di Nutella in cinque centimetri cubi? Ma è una pazzia!”

“Da cui il nome, per l’appunto. Vuoi assaggiarne una? Se credi davvero di voler affrontare la palude inattraversabile ti tornerà utile. Questa roba fornisce in un colpo solo le calorie sufficienti per campare due intere settimane.”

“Uhm… questo mi suggerisce una cosa. Mi servono delle micce e la musichetta di McGiver. Pensi di potermele procurare?”

“Penso… penso di sì, ma che diavolo hai in mente?”

“Senti qua: abbiamo cinque chili di nutella concentrati in un piccolo manufatto gastronomico; sono circa quarantamila calorie compresse in cinque centimetri cubi. Se applichiamo una miccia al cubo di Nutella e gli diamo fuoco, l’alta concentrazione di grassi saturi e calorie lo farà esplodere ed io potrò farmi strada nella palude inattraversabile a colpi di bombe a mano nutellose.”

I successivi due giorni li ho passati in compagnia del saggio Macaulay Culkin, nella sua villa in stile liberty, applicando micce a cubi di Nutella. Una volta terminata l’operazione, ci siamo congedati.

“Addio, QuandoSiFaBuio. Non ci vedremo mai più, quale che sia l’esito della tua avventura.”

“Addio, saggio Macaulay Culkin. Grazie di cuore.”

“E stai attento, quando entrerai nella palude inattraversabile: c’é in giro Denver in calore.”

“Lo farò. Addio.”

Delle miserie e delle sventure della palude inattraversabile non narrerò: sappiate solamente che rischiando la vita e mettendo a repentaglio la mia integrità anale (Denver sa essere molto insistente, quando vuole) ho attraversato quel luogo di perdizione facendomi strada a suon di “follie alla Nutella” di Macaulay Culkin (utilizzate come bombe a mano) per giungere infine, stremato, sul marciapiede dal quale tutto è cominciato, dopo quasi una settimana durante la quale nessuno ha avuto modo di capire dove fossi finito. É stato lì, quando sono uscito a riveder le stelle, che ho incontrato il mio vicino di casa.

“Ehy… eccoti! Ma dove cazzo sei stato? Ti stanno cercando tutti da una settimana!”

“Sono stato ad Entropia: il regno del disordine, dei fenomeni non lineari. Il regno in cui tutto cio che è, non è; e tutto ciò che non è, è.”

“Eh?”

“Fanculo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lista della spesa #63: questa non ve la potete perdere

La lista della spesa di appletini vi offre le migliori invenzioni in circolazione. E da dove arriva la maggior parte delle suddette invenzioni? Dal Giappone, ovviamente. E siccome appletini ama il Giappone (tanto da dedicargli un’apposita rubrica) è per me motivo di orgoglio ma soprattutto di giubilo, in questi giorni dedicati al digiuno, al pentimento e ai “fioretti”, riuscire in un colpo solo a presentarvi un articolo indispensabile per chiunque voglia vivere un’esistenza tranquilla  e nel contempo poter parlare bene ancora una volta dei nostri amici orientali, che sono proprio gli inventori dell’articolo in questione.

GIAPPONE

Come difendersi dai chiacchieroni
(silenziandoli con una pistola)

Un prototipo tecnologico in grado di arrestare le parole
di una persona in breve tempo e a distanza di alcuni metri

 

Sei irritato (per usare un eufemismo) dai discorsi di un vicino in biblioteca che parla al cellulare ad alta voce? Sei tediato dal passeggero dell’autobus che sproloquia in continuazione senza darti tregua? Vorresti mettere magicamente (e temporaneamente si intende) il silenziatore a un professore verboso o a un collega petulante? Esiste un apparecchio miracoloso per esaudire le tue fantasie e spegnere i disturbatori e i noiosi di tutto il mondo all’istante e in modo assolutamente innocuo.

UN COLPO SOLO – La pistola silenziatrice SpeechJammer è stata inventata da due giapponesi per salvare l’umanità dalla logorrea: basta un colpo, un colpo solo, e il verboso vicino/collega/docente verrà annientato nel giro di pochi secondi. E’ come schiacciare un interruttore e spegnere il chiacchierone di turno, anche a parecchi metri di distanza, esaudendo il sogno proibito e quotidiano di tanti pacifici pendolari, lettori, bagnanti, impiegati, studenti. Chiunque insomma.

UN MICROFONO E UNO SPEAKER – Il device è stato ideato da due ricercatori nipponici, Kazutaka Kurihara del National Institute of Advanced Industrial Science and Technology, e Koji Tsukada, della Ochanomizu University in Tokyo. Si basa su un apparecchio dotato di un microfono che registra la voce della persona e attraverso un altoparlante la restituisce con un leggerissimo ritardo rispetto alle parole pronunciate. In questo modo il parlatore viene sottoposto al suono delle sue stesse parole, ma il tempo di latenza gli impedisce di auto-ascoltarsi, mandandolo in confusione totale e zittendolo con decisione.

TUTTI I MODI DI UTILIZZARLO – «É una reazione scientifica», spiegano coralmente i due ricercatori: nessuno è in grado di parlare senza ascoltarsi in tempo reale e percependo le sue stesse parole sfasate nel tempo. I due bizzarri inventori si sono a loro volta ispirati a un congegno già esistente e utilizzato in campo medico per la cura della balbuzie: il delayed auditory feedback (DAF). Il DAF può considerarsi infatti il progenitore dello SpeechJammer, con l’unica differenza che quest’ultimo è stato progettato per “colpire” il prossimo anche a distanza e coattivamente, mentre il DAF viene usato solitamente con delle cuffie. Volendo fare i complottisti la pistola silenziatrice potrebbe avere anche degli usi sinistri e in una sua versione più gestibile ed estrema potrebbe essere impiegata da governi repressivi o da spietati criminali per mettere, in maniera nemmeno troppo metaforica, il bavaglio alla gente. In tutti i casi per il momento è solo un prototipo, ma se entrerà in commercio lo SpeechJammer, se non fosse per le attuali dimensioni abbastanza ingombranti, potrebbe presto entrare a far parte del corredo quotidiano delle borsette, borselli, marsupi e ventiquattro ore: come la penna, lo specchietto, il cellulare e le chiavi.

(fonte: corriere.it)

God of the week

Mitico God of the week che crea documenti falsi con il volto di gente famosa invece che pigliare delle foto a caso, venendo poi clamorosamente scoperto (ovviamente):

RIO DE JANEIRO

Si finge Jack Nicholson per aprire un conto
in Banca e riciclare denaro sporco

Un brasiliano crea documenti falsi per attività illecite. Tra le identità rubate quella dell’attore hollywodiano

 

La finta carta di identità

MILANO – Un brasiliano di 41 anni, Ricardo Sergio Freire de Barros, è stato arrestato a Recife, nel nord-est del Brasile, mentre cercava di aprire un conto in banca usando la foto dell’attore americano Jack Nicholson nel proprio documento di riconoscimento. Il ladro di identità aveva creato una serie di documentazioni false per riciclare denaro sporco, ma i dipendenti dell’agenzia bancaria si sono insospettiti quando hanno notato nella certificazione presentata allo sportello una foto, risalente al 2003, dell’attore premio Oscar, protagonista di innumerevoli film di successo tra cui «Qualcuno volò sul nido del cuculo». Per l’aspirante divo di Hollywood, quello brasiliano, non c’è stato scampo: la polizia lo ha arrestato in flagrante. Ora dovrà rispondere per i reati di uso di documento falso e falsificazione di documento pubblico.

(fonte: corriere.it)

Quando muore uno famoso

Quando muore uno famoso non è come quando muoiono gli altri. Non è una morte qualunque se tocca a un cantante, uno scrittore, un poeta, un attore, o altro.  A patto che ti abbia dato qualcosa, certo: un sussulto, un sorriso, un pianto. Quando muore qualcuno che ti ha regalato delle emozioni, qualcuno che con le sue parole è riuscito ad incarnare perfettamente il tuo pensiero quasi fossi tu – anzi, in quelle parole eri tu – è diverso. Esiste una cosa, una cosa incredibile che mi ha sempre disarmato: il momento preciso e indimenticabile in cui il pensiero si incarna in parola ed unisce  persone che nemmeno si conoscono, che nemmeno si sono mai viste ma che sono vive, e pensano, e piangono, e ridono, ed uno dei misteri della natura umana è quando ti ritrovi a pensare come diavolo è possibile che quella persona che nemmeno conosco riesca con poche parole ad incarnare con precisione imbarazzante quello che provo e che io stesso non saprei come spiegare agli altri? La delusione, la rabbia, la tristezza o la gioia che sono tue, ma non trovi modo migliore per esprimerle che utilizzare le sue parole. Questa è la magia. E allora no, quando muore uno così non è come quando muoiono gli altri.

E io più di una volta mi sono ritrovato ad esorcizzare le mie frustrazioni con le medesime parole di quest’uomo.

 

Ciao, Germano.

(Germano Mosconi, San Bonifacio, 11 Novembre 1932 –  Verona, 1 Marzo 2012)
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=HxLITGnKwNU]

Giappone&dintorni: i figli so’ piezz ‘e core (e altre cose)

Oggi la nostra rubrica “Giappone&dintorni” si occupa di un padre particolarmente amorevole:

Lascia il lavoro per costruire una moto gigante per il figlio

Un meccanico ha deciso di lasciare il lavoro per creare una moto gigante per il figlio patito per i cartoni animati. La moto era stata iniziata circa tre mesi fa, come un regalo a sorpresa per il figlio che sta completando l’Università, specializzandosi in cinema ed animazione. “I cartoni animati sono il mondo dell’esagerazione, e così ho pensato che una moto gigante fosse ideale per mio figlio”, racconta il 49enne Zhang Yali. La creazione è risultata però più complessa del previsto, ma Zhang Yali non ha esitato a licenziarsi per avere più tempo per completare il regalo per il figlio.

La moto è alta circa 3 metri e lunga cinque e mezzo, e può trasportare otto persone, con sedili costruiti da vecchi divani. Le ruote sono invece prese da un vecchio escavatore. La creazione della strana moto ha dovuto superare molte difficoltà, non ultima l’opposizione della moglie che non vedeva di buon occhio il fatto che l’uomo lavorasse a quello che a lei sembrava “un insieme di rottami”, e soprattutto non ha preso di buon grado il fatto che l’uomo si fosse licenziato dal lavoro.

La donna però alla fine ha ammesso di essere rimasta commossa dall’impegno e dalla costanza del marito.

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(fonte: notizie.delmondo.info)

E poi trovato anche quest’altra cosa che non c’entra nulla col Giappone ma mi sembrava assolutamente degna di nota (e io un giretto in ‘sto posto lo farei volentieri)

Apre il museo delle invenzioni fallite

Il fallimento può essere una strada verso il successo? Sembrerebbe di sì, vista la popolarità che sta raggiungendo il “museo delle invenzioni fallite” aperto da poco ad Herrnbaumgarten, in Austria.

Fritz Gall ha sempre avuto il pallino dell’inventore, ma come capita a diversi aspiranti inventori, le sue invenzioni erano spesso creative ma poco “pratiche”. Ma non si è scoraggiato, e ha deciso di organizzare una fiera delle “invenzioni-spazzatura” coinvolgendo molti inventori che hanno mandato le loro invenzioni “senza successo” (un plauso va riconosciuto alla loro autoironia). “Ci aspettavamo 20 o 30 visitatori, ma ne sono arrivati più di 5.000, e abbiamo capito che l’idea era buona”. E così, Gall ha deciso di sviluppare ulteriormente il museo, riuscendo ad ottenere anche una partecipazione da alcuni enti pubblici che hanno ritenuto interessante supportare l’idea.

Tra le invenzioni esposte, l’“anonimizzatore portatile”, un rettangolo di cartone nero attaccato ad un asticella che dovrebbe consentire a chi lo usa di occultare la propria identità in pubblico, o delle “matite a prova di errore”, che impediscono di scrivere cose sbagliate perché non hanno la mina (certo, questo impedisce anche di scrivere cose “non sbagliate”), o degli spazzolini senza setole, pensati per chi non ha denti.

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(fonte: notizie.delmondo.info)

Angolo letterario: “Casi”

“Casi” è una raccolta di scritti di Daniil Charms, scrittore nato a Pietroburgo nel 1905 e morto a Leningrado nel 1942, in un ospedale psichiatrico nel quale venne rinchiuso dopo essere stato arrestato, mentre la città era assediata dai tedeschi. Vicino a certi esiti del Futurismo e del Surrealismo, camuffò la sua radicale visionarietà sotto l’apparentemente innocua immagine di autore per bambini. Le sue performance, legate al gruppo Oberiu, ebbero il potere di irritare molti e la sua fine fu data dalla sua irriducibile volontà di inserire allusioni alla realtà del presemte, quando le persone scomparivano da un momento all’altro.

Come sempre, non recensiamo ma riportiamo semplicemente dei piccoli estratti.

SINFONIA N.2

Anton Michajlovicsputò, disse “eh”, di nuovo sputò, di nuovo disse “eh”, di nuovo sputò, di nuovo disse “eh” e se ne andò. E pazienza. racconterò piuttosto di Il’ja Pavlovic.

Il’ja Pavlovic nacque nel 1893 a Costantinopoli. Era ancora piccolo quando lo portarono a Pietroburgo, dove terminò la scuola tedesca, in via Kirocnaya. Poi lavorò in qualche negozio, poi fece ancora qualcosa e all’inizio della rivoluzione emigrò all’estero. E Dio sia con lui. Racconterò piuttosto di Anna Ignat’evna.

Ma raccontare di Anna lgnat’evna non è così facile. Primo, di lei non so niente, secondo, sono caduto adesso dalla seggiola e ho dimenticato quello che stavo per raccontare. Meglio che racconti di me.

Sono alto, non stupido, vesto con eleganza e con gusto, non bevo, non vado alle corse, ma ho propensione per le signore. E le signore non mi evitano. Aggrada loro, persino, passeggiare con me.

Serafima lzmajlovna mi invitava da lei ripetutamente e anche Zinaida Jakovlevna diceva che era sempre felice di vedermi. Ma con Marina Petrovna mi successe un caso di vertente, e anche questo voglio raccontare.

Un caso del tutto ordinario, comunque divertente, giacché Marina Petrovna a causa mia divenne completamente calva, come il palmo di una mano. Successe così: una volta arrivai da Marina Petrovna e lei trac! divenne calva. Ecco tutto.

(1941)

INCONTRO

Una volta un uomo andò in un ufficio, e per via incontrò un altro uomo che,comprato un filone di pane polacco, tornava a casa sua. E questo, in sostanza, è tutto.

LA CARRIERA DI IVAN JACOVLEVIC ANTONOV

Questo fatto è accaduto ancora prima della rivoluzione. Una mercantessa sbadigliò, e in bocca le volò un cuculo. Il mercante accorse al grido della consorte e, resosi conto in un attimo di cosa si trattava, agì nella maniera più astuta. Da allora divenne famoso tra l’intera popolazione della città e fu eletto al Senato. Ma una sera, quando aveva già prestato servizio per tre o quattro anni al Senato, lo sventurato mercante sbadigliò e in bocca gli volò un cuculo. al grido del marito la mercantessa accorse e agì nella maniera più astuta. La fama della sua ingegnosità si sparse per tutto il governatorato, e la mercantessa fu portata alla capitale e mostrata al metropolita. Ascoltando il lungo racconto della mercantessa il metropolita sbadigliò, e in bocca gli volò un cuculo. All’alto grido del metropolita, Ivan Jakovlevic Grigor’ev accorse e agì nella maniera più astuta. Per quasto Ivan Jakovlevic Gregor’ev fu ribattezzato Ivan Jakovlevic Antonov e fu presentato allo zar. E così è chiaro in che modo Ivan Jakovlevic fece carriera.

8 Gennaio 1935

 

Tu chiamale, se vuoi, riflessioni

Non mi sono mai piaciuti i blog nei quali la gente racconta i fatti propri: sarà che non ho la tendenza a parlare di me, forse, e di conseguenza non ho interesse a leggere nemmeno ciò che gli altri scrivono di loro stessi: in fondo nemmeno li conosco. A meno che – e questo fa la differenza – non lo si faccia con stile: se la figura di merda che avete rimediato in Posta diventa un aneddoto divertente, il vostro nuovo amore si traduce in una poesia degna di tal nome e il vostro piede rotto è occasione per scrivere un accattivante articolo sulle condizioni della sanità nazionale, allora mi interessa. D’altra parte il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose, diceva Wittgenstein. Ma se mi venite a raccontare che ieri avete fatto un giro al parco e basta, ecco, non mi interessa. Lo so, cosa state pensando: ok, l’introduzione l’hai fatta: quando arrivano le cazzate? La verità è che non so se ci saranno cazzate, in questo post: sto improvvisando. Diciamo che sto giocando con la vostra attenzione. Il fatto che questo blog abbia delle rubriche a cadenza più o meno setitmanale mi consente di dargli una parvenza di organizzazione, di aggiornarlo quasi tutti i giorni e di pararmi il culo quando non sono in vena di scrivere. Ma a volte può diventare terribilmente noioso,e quindi oggi ci metto un po’ di tutto. Un po’ di me, forse. Ma non alla maniera che ho appena dichiarato di odiare, ovviamente. O almeno ci provo.

Ad esempio potrei parlare del nuovo disco dei Farmer Sea, che sto ascoltando ed apprezzando da qualche giorno. Potrei scriverne una recensione come in altri blog viene fatto, anche dai non addetti ai lavori. Ma non recensirò un disco che con tutta probabilità non avete ancora sentito e che forse non andrete a cercarvi dopo aver letto il mio modesto parere a riguardo: vi tendo la mano e ve lo faccio direttamente ascoltare.

(dal sito ufficiale: www.farmersea.it)

Che altro? Ah, sto (ri)leggendo la biografia di Stephen King, che è pure un manuale di scrittura, ed alcuni passaggi risultano essere particolarmente interessanti. Questo, ad esempio:

Se una persona in totale padronanza delle sue facoltà mentali è in grado di scopare come se fosse fuori di testa – arriva addirittura ad andarci, fuori di testa, nel fuoco di quella passione – perché gli scrittori non dovrebbero essere capaci di sbiellare rimanendo sani di mente?
Bello, no?
E poi… ah, sì, uno delle poche controindicazioni dell’essere sprovvisti di un compagno/a di vita è la spesa: le porzioni per i single non sono quasi per nulla contemplate nel nostro Paese:

“Salve, vorrei una bistecca.”  “Guardi, se prende la confezione da dodici chili risparmia il trenta per cento.” “E che diavolo dovrei farmene di dodici chili di roba? Vivo da solo!” “Beh, la metta in freezer!”

Avete intenzione di andare a vivere da soli? Date retta a me, non fate il mio stesso errore: fatevi costruire una stanza freezer all’interno della casa, di almeno venti metri quadrati. Al limite potrete sempre recuperare le spese affittandola a Rocky Balboa per allenarsi. E poi guardatevi la parodia di Rocky di Rémi Gaillard. E poi comprate questa figata:

Il vaso da balcone che diventa griglia per single


Vivere in città, specialmente in condominio, significa non avere abbastanza spazio per tutto quello che si vorrebbe, barbecue incluso. Mettere una griglia in balcone significa non avere più spazio per le piante e, spesso, neanche per muoversi. La combinazione tra vaso per piante e griglia proposta da Erbe, però, è davvero molto interessante, per quanto strana.
La parte alta è un normale vaso da balcone in cui potete far crescere le vostre piantine aromatiche. Quando la alzate, la parte sotto diventa una mini griglia in ceramica termo isolata, con una superficie di cottura di diametro pari a 29 cm: giusta per una bistecca media. Un’idea geniale, non c’è che dire. Peccato che costi un po’ tanto per essere una griglia da single: 124 dollari (circa 100 euro).

(fonte: gizmodo.it)

Ieri sera, mentre facevo due passi, ho trovato un portafogli e un cellulare per terra. Ho scorso la rubrica fino alla voce “papà”, ho chiamato e mi sono accordato per restituire il tutto. Arrivato dalla tizia in questione, questa mi ringrazia sentitamente, apre il portafogli, verifica che i suoi cento euro non siano stati toccati e mi dice ti devo qualcosa?

Se avessi voluto dei soldi te li avrei fregati dal portafogli forse non è stata la risposta più brillante che potessi dare, in effetti.

Direi che per oggi è tutto: come vedete, all’interno di questo post nato a caso e proseguito in maniera altrettanto casuale mi sono già giocato una delle rubriche settimanali, la nostra lista della spesa. Ma chissenefrega. Chiudo con un altro passaggio del libro di King che si chiude con una citazione che personalmente ritengo fenomenale:

Il problema di ciò che volete dire è fondamentale. Se ne dubitate, pensate a tutte le volte che avete sentito qualcuno affermare: «Non so proprio come descriverlo», oppure: «Non è quello che intendo». Pensate a tutte le volte che voi vi siete espressi, di solito in un tono di lieve o profonda frustrazione. La parola è solo una rappresentazione del significato; anche nel migliore dei casi, la scrittura resta quasi sempre un passo indietro rispetto al pieno significato. Stando così le cose, perché in nome di Dio dovreste peggiorare la situazione scegliendo una parola che è solo cugina di quella che avevate veramente intenzione di usare?
E considerate senz’altro ciò che è più adatto; come ha osservato una volta George Carlin, in certi ambienti va benissimo cazzare la scotta, ma quanto mai inopportuno scottarsi il cazzo.