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Best of…

Mentre l’appletini night toga!toga!toga!party si avvicina, ecco il contributo "best of" della settimana!

(-4 giorni all’appletini night toga!toga!toga!party)


lunedì, 06 luglio 2009


Cari lettori, vi annuncio con dispiacere che purtroppo, per motivi non dipendenti dalla mia volontà, il vostro blog preferito (cioè questo, cioè appletini.it, se non avete capito dove siete) purtroppo chiuderà a breve.
Sono invece lieto di comunicarvi che il blog non chiuderà, vi stavo pigliando per il culo.
In realtà questa assenza di circa un mese mi è servita a riflettere sul mondo, sul progressivo sprofondamento della città di Venezia e sulla curiosa muraglia cinese sottomarina che ivi è stata costruita a scopo di difesa; ho meditato suii conflitti interni ed esteri e sul farmacista di Michael Jackson.
 Non mi soffermerò a parlare della morte di Jackson né in bene né in male, vorrei invece intrattenervi a proposito dei suoi ballerini. Per il tour previsto a Luglio è stata effettuata una selezione finale tra circa 800 danzatori, 600 uomini e 200 donne, tutti professionisti. Questi straordinari ballerini sono stati valutati in una serie estenuante di prove che avrebbe portato ad una compagine finale composta da solamente 8 uomini e 2 donne. Jackson stesso era presente ai provini.
Se volete farvi un’idea potete anche guardarvi il video delle selezioni cliccando qui.
Insomma, una volta terminati i provini e scelti i migliori, emozionatissimi e pronti ad entrare nella storia come "i ballerini del tuor di Michael Jackson", Michael Jackson è morto.
Ora, nel dizionario italiano il termine "sfiga" esiste, ed è generalmente indicato come "sfortuna, malasorte", termini che a loro volta sono indicati come "fortuna contraria, avversa; cattiva sorte".
Sono però spiegazioni circolari: sfiga=sfortuna, sfortuna=mancanza di fortuna, da cui, per la proprietà transitiva, sfiga=mancanza di fortuna.
Ora, supponiamo che qualcuno per cause ignote non conosca il significato del termine "fortuna".
Va da sè che spiegargli la sfortuna, o la sfiga, come "mancanza di fortuna" non serva ad una ceppa, che è un modo carino per dire che non serve a un cazzo.
Quindi dal 2010 le nuove edizioni dei dizionari della lingua Italiana indicheranno tale dicitura:

"Sfiga: serie di circostanze simili o quantomeno sovrapponibili a quelle accorse nell’anno domini 2009 al gruppo di ballerini selezionati da Michael Jackson", magari con una breve spiegazione dei fatti accaduti.

A parziale confutazione di quanto sto dicendo qualcuno potrebbe contestarmi che il tuor si terrà comunque, trasformato in un tributo all’artista al quale parteciperanno alcune star e soprattutto i suoi fratelli.
A parer mio, aspettarsi di partire per un tuor con Michael Jackson e ritrovarsi a partire con i suoi fratelli è un po’ come aspettarsi di andare a cena con Naomi Campbell e all’ultimo momento trovarsi ad andarci con sua sorella.
Allego foto esplicativa.

sorella_naomicampbell

Best of


Anche questa settimana il "best of" è tratto dalla "’posta di QuandoSiFaBuio": era il Marzo 2009.
Mandate le vostre domande all’indirizzo appletini@libero.it : QSFB vi risponderà con sagacia!!
(mancano 16 giorni all’appletini night toga!toga!toga!party)

martedì, 24 marzo 2009



Mi scrive P.D., un nostro affezionato lettore (presumo, perlomeno):

Caro QSFB perchè secondo te il tempo passa sempre così veloce, mannaggia la pentecoste?

Caro P.D., a mio avviso è bene partire dal principio, cioè dalle origini della parola “tempo” e dalle diverse concezioni in materia, per arrivare poi ad elaborare una teoria in merito .


Tempo: dal latino tempus, si intende in generale la durata misurabile di tutto ciò che è.


Rispetto al trascorrere del tempo ci sono parecchie cose interessanti da valutare; ne fornirò una breve carrellata prima di passare all’elaborazione della mia personalissima visione della cosa.

La teoria della relatività genera anche dei paradossi apparenti riguardanti il tempo. Uno dei più noti è il cosiddetto paradosso dei gemelli: un gemello parte per un viaggio lontano con la sua astronave, che gli permette di andare a una velocità prossima a quella della luce. Al suo ritorno sulla Terra sarà più giovane del fratello gemello rimasto a casa. E fin qui ci siamo, secondo le conseguenze della relatività. Secondo la stessa relatività però tutti i sistemi di riferimento sottoposti ad uguale moto (e quindi privi di accelerazioni e di cambiamenti di direzione) sono uguali tra di loro. Ciò significa, in sostanza, che per il gemello sull’astronave è la Terra a muoversi ad una velocità prossima a quella della luce, e quindi secondo lui (e secondo la relatività avrebbe ragione) dovrebbe essere il gemello sulla Terra il più giovane. Il paradosso consiste quindi in questo: Qual è il più giovane? o, in altre parole, per quale dei due è passato meno tempo?


E inoltre:


La percezione del tempo nelle diverse culture:

Il tempo, così come lo spazio, è una categoria a priori ma non per questo non gli viene dato un significato e una rappresentazione diversa in ogni cultura.
Si può affermare, in maniera generale, che esso venga percepito come il variare della persona e delle cose.

Sempre generalmente, vi sono due idee fondamentali del tempo:

  • Pensiero cronometrico occidentale: il tempo viene visto come un’entità lineare e misurabile. Questa visione risponde alla necessità di ottimizzare il proprio tempo e dipende dall’organizzazione economica.

  • Tempo ciclico e puntiforme: nelle società tradizionali il tempo viene scandito attraverso il passare delle stagioni o secondo eventi contingenti (es. il mercato della domenica).

L’antropologo Christopher Hallpike, rifacendosi agli studi dello psicologo Jean Piaget, affermo che a seconda della cultura il tempo viene percepito come operatorio e pre-operatorio (percezione del tempo fino agli otto anni). La visione operatoria del tempo consente di coordinare i fattori di durata, successione e simultaneità.
Per dimostrare la sua tesi egli fece osservare a degli aborigeni melanesiani due macchinine su due piste concentriche facendole partire e fermare nello stesso tempo e di seguito chiedendo quale delle due macchinine avesse percorso più spazio. Gli aborigeni non seppero rispondere a quella domanda e per questo motivo egli pensò che mancasse loro la capacità di coordinare i tre fattori. Ma in Melanesia vengono fatte delle corse di cavalli su piste concentriche e di conseguenza la mancanza di una correlazione non-lineare e quantificabile del tempo sembra non escludere la capacità di coordinare durata, successione e simultaneità..

Sono assolutamente convinto che un tizio che lavora in Canada vada in Melanesia con l’unico scopo di far giocare degli aborigeni con delle macchinine.

Ma comunque.

E’ palese che questi scampoli di teorie non rispondono alla tua domanda, e mi rendo conto che tu, caro lettore, ti sia rivolto a me proprio per non doverti rifare alle solite, vetuste e noiose teorie.

La mia personale opinione è che l’errore sia a monte: è l’etimologia stessa della parola ad essere sbagliata. I miei studi mi hanno condotto alla vera origine della parola “tempo”, navigando per i sette mari fino a sbarcare in Melanesia (il paese della tinca al forno), dove ho scoperto un’economia in crisi a causa delle scommesse clandestine sulle corse di macchinine. La malavita della macchinina si è ormai impossessata di tutto: dal bar sport al rivenditore ufficiale di marmitte Polini.

Questo non mi ha però impedito di trovare alcuni interessanti documenti che mi hanno riportato, attraverso un tortuoso tragitto, indovinate dove? In Italia.

L’origine della parola tempo arriva in realtà dalla lingua gaelica, più in particolare dal gaelico scozzese. Gli antichi romani tentarono più volte di conquistare la Caledonia (l’attuale Scozia), senza grossi risultati. Fu probabilmente durante queste campagne in terra Caledoniana che alcuni termini “sporcarono” il latino d’origine dando vita a nuove terminologie. In gaelico “tempo” si dice “tim”, che non è graficamente molto lontano dal “time” inglese, ma che si legge come “team” (squadra).

E qui sta l’inghippo.

L’origine della parola “tempo” risulta essere in realtà “team-po”.

Vado a spiegare.

Pare siano stati gli Etruschi i primi ad abitare le zone attorno al fiume Po, o comunque i primi a creare un vero e proprio insediamento in tali luoghi. Sono stati però i romani a dare vita al fiume stesso, utilizzandolo come canale commerciale. Le sponde del sempre più indispensabile canale brulicavano di vita, di scambi, di commerci, di abitazioni, bambini.. Come si sa, il gioco del calcio è nato in Inghilterra. Furono le spedizioni cesariane in Britannia a portare i primi rudimenti del calcio in Italia, proprio sulle sponde del fiume, dove crescevano a vista d’occhio i campetti di periferia, e le porte provvisorie ricavate dalle croci di legno.

Nacque così, per l’appunto, il “team Po”, dove Po si riferisce ovviamente al fiume, ma è anche diminutivo di Polisportiva.

Nel primo campionato di calcio a 6 dell’antica Roma la formazione era la seguente:

APPIO CLAUDIO CIECO:

appio claudio ciecoPortiere. Un nome, una garanzia. Si narra che abbia perso la vista a causa di una battibecco con suo cugino Mimmo, col quale perse clamorosamente una scommessa sul risultato del GP delle due Sicilie, con relativa mancata vincita alla SNAI.

NUMA POMPILIO:

NUMAPOMPILIOTerzino fluidificante. Se Cafù era il “pendolino” del Milan, lui era la “biga” del “team Po”. Tranquillo impiegato in una ditta di pezzi di ricambio per aerei di giorno, la sera dava sfogo a tutta la sua frustrazione falciando le gambe a chiunque tentasse di avvicinarsi all’area di rigore, come il Riccardo Ferri dei tempi migliori.

AGRIPPINA:

AgrippinaSex symbol della formazione nonché discreto mediano di spinta, limitata purtroppo da una troppo spiccata attitudine offensiva. I due terzi dei gol in contropiede subiti dal team Po nel primo campionato ufficiale possono essere considerati causa sua. Fu uccisa.

SPARTACO:

 SpartacoCentrocampista molto tecnico e dotato di un ottimo sinistro, fu costretto spesso a ripiegare nella sua metà campo a causa delle sgroppate in fascia di Agrippina, cosa che minò la serenità dello spogliatoio in quella prima stagione. Per la cronaca: non fu lui ad ucciderla, ma l’avrebbe fatto volentieri.

TIBERIO E CAIO GRACCO:

tiberio e caio graccoPrima punta e seconda punta con affiatamento invidiabile. Erano i gemelli Derrick della formazione: purtroppo Tiberio si demolì entrambi i crociati anteriori durante un tentativo di “catapulta infernale”, e la sua carriera si interruppe bruscamente, alla Van Basten. Ciò non impedì al “team Po” di qualificarsi per l’intertoto già al primo anno di militanza nel campionato dell’impero.

In conclusione: non ti preoccupare troppo del “team po” che passa, caro lettore… anche a me manca il Napoli di Maradona.

Ma in fondo il calcio è solamente un gioco.

Best of

Sono passati quasi due anni da questo "Best of", ma la morale non è cambiata. non dimenticatelo!!


giovedì, 28 agosto 2008

Carissimi appassionati del nostro avvincente blog, alcuni di voi mi hanno segnalato delle difficoltà nella visualizzazione del blog stesso. Potete immaginare quanto questo abbia scosso il mio sensibile animo e quello dello staff tutto; mi sono così adoperato per scoprire le cause di questo sfacelo, di questa piaga, di questa inaccettabile imperfezione divina.

Mi sono così rivolto all’agenzia investigativa Orlando di Brescia (www.orlandoinvestigazioni.com, se volete farvi due risate vi consiglio di cliccare su "privati" ed entrare nella sezione "infedeltà"), la quale, dopo una attenta ricerca in campo forense, ma anche agrense, estense, fluminense e non-sense, ha concluso trattarsi di un problema riguardante Internet Explorer.

In effetti con Firefox non ci sono problemi di visualizzazione: io, il blog, lo vedo benissimo.

A tal proposito, vi racconterò una piccola storiella, una delle parabole che ero uso raccontare ai miei discepoli (tanto) tempo fa.


"
Vi era un uomo molto intelligente, acuto, ma purtroppo privo di iniziativa. Non riusciva a codificare la propria intelligenza in azione concreta: i monsoni del suo animo avevano sul suo spirito pratico l’effetto della leggere brezza di Aprile, quando guardi le nuvole in cielo e pensi che manca davvero poco, all’estate. Si trovava così a seguire la massa, ad assumere un atteggiamento acritico e a non destabilizzare l’ambiente nel quale si trovava, per paura di creare danni. Cercava di compiacere l’interlocutore di turno.

Fu così che un giorno, camminando per le strade della Manciuria Nord-Orientale, incontrò un piccolo uomo.

"Chi sei tu? Ho l’impressione di averti già visto" chiese l’uomo compiacente.

"Probabile. Mi chiamo Frodo Baggins", rispose l’omino. Poi, con sguardo beffardo, aggiunse:

"Ed ora girati, che te lo tronco nel culo."

"Ma..veramente,io.." farfugliò l’omino.

"Su,su, che non ho tempo da perdere", insisté Baggins.

Fu così che l’omino compiacente si fece deflorare analmente dal protagonista del signore degli anelli.

Ripreso il suo cammino, con un discreto bruciore rettale, incontrò un secondo, curioso personaggio.

"Chi sei tu?", chiese l’uomo compiacente.

"Mi chiamo Rocksteady"

"Ho l’impressione di averti già visto da qualche parte", proseguì l’omino.

É probabile", rispose quello, "facevo il cattivo nelle tartarughe ninja"

"É vero!", esclamò stupito l’omino.

"Su, su, non perdiamo tempo", riprese Rocksteady, "girati che te lo catapulto in ano."

"Ma, veramente io avrei già dato al sig. Baggins.."

Ma, fatalmente, quello aveva già preso ad incuneare il  suo enorme fallo in un anfratto non anatomicamente predisposto a tale utilizzo. Rocksteady si dimostrò, peraltro, un superbo stallone.

L’omino riprese così la sua strada, vistosamente claudicante, e con un discreto appetito.

Avvistò, nell’ordine, tre locande: la "locanda della pecora", "lo stallone fumante", e la trattoria "all’ angolo retto".

Le evitò accuratamente.

Dopo alcune decine di miglia, pervaso dal dolore, incrociò l’ennesimo personaggio.

"Chi sei tu?", domandò l’omino compiacente. "mi pare di averti già visto da qualche parte."

"Forse in tv. Mi chiamano King Kong", esclamò il colloquiante.

"Ma certo!Come ho fatto a non capirlo?", disse l’omino.

"E ora girati, che ho intenzione di irrompere nel tuo orifizio più caro", sentenziò il signor Kong.

E l’omino senza iniziativa, ormai rassegnato, si girò e lasciò varcare la soglia sacra all’immenso gorillone. Passò così il resto della sua vita in piedi, senza riuscire a sedersi mai più."



La morale mi pare abbastanza chiara: se non volete prenderlo nel culo sempre più potentemente, fate un favore a voi stessi e all’umanità tutta: cestinate Explorer e scaricatevi gratuitamente Firefox qui.


Che, se mai dovessi incontrarvi per un caffè, mi piacerebbe berlo seduti.

Best of

Un "best of" particolarmente utile alla sopravvivenza di chi sta mettendo su casa.
Ma anche no.

venerdì, 13 giugno 2008


“Il disturbo ossessivo-compulsivo è un disordine psichiatrico che si manifesta in una gran varietà di forme, ma è principalmente caratterizzato da pensieri ossessivi associati a compulsioni (azioni particolari o rituali da eseguire) che tentano di neutralizzare l’ossessione stessa. […] Esso è caratterizzato da sintomi ossessivi e/o compulsivi che siano fonte di marcata sofferenza per il paziente, comportino spreco di tempo e interferiscano con le normali attività quotidiane.”

                                                                                  (fonte: Wikipedia)

 

Ultimamente ho passato diverso tempo in esercizi commerciali aventi a che fare con lo sconfinato mondo del mobilio. Tra tutti, l’IKEA.
In controtendenza con una nutritissima schiera di esseri di sesso maschile, a me l’IKEA non dispiace. Ci sono un sacco di cose, gli addetti non ti rompono i maròni a meno che tu non glielo chieda e al bar hanno un discreto vino, da me subito testato. Oltre ai mobili, inoltre, vi si trovano utensili interessanti, alcuni dei quali ignoravo l’esistenza. La propensione, o perlomeno l’assenza di avversione da parte mia nei confronti di questo posto è data da una sostanziale, immensa differenza tra me e gli esseri umani di sesso maschile già citati. La differenza è la seguente: io non ho la ragazza.
In effetti deve essere difficile trovarsi all’IKEA con una persona che ti chiede di guardare attentamente quella pirofila, perché quella pirofila andrebbe benissimo per servire il secondo agli ospiti che inviterete nella cucina di una casa che ancora non avete, mentre il figlio che ancora non avete giocherà col figlio di amici che ancora non avete conosciuto nella stanzetta che non avete, e giocheranno alla playstation che avete ma che col cazzo la fareste usare al bimbo sprovveduto che non avete anche in virtù del fatto tu non stai con questa tizia, non la conosci nemmeno, ti ha semplicemente chiesto se avevi da accendere fuori dall’ingresso dell’IKEA, ma se le compri quella pirofila, chissà.
Nel frattempo tu guardi le 700 pirofile dell’IKEA, tutte identiche (salvo i nomi, che variano con un trend che va da quello con tre consonanti e due vocali, tipo BRMIO a quello con solo consonanti, tipo KRSTP), e ti chiedi perché proprio quella. Ti chiedi, perché l’esperienza, ma soprattutto l’istinto di sopravvivenza, ti insegnano a non osare chiederlo a lei, date le implicazioni legali e sociali che seguirebbero ad un’accusa per omicidio volontario.
Effettivamente, osservando la mimica facciale di questi poveri uomini, ho riscontrato dei tratti espressivi in tutto e per tutto paragonabili a quelli dei protagonisti dei filmati che raccontano la guerra in Vietnam.
Questo non deve però trarre in inganno: il disturbo ossessivo-compulsivo, del quale ho riportato una concisa spiegazione nel prologo al post ed in merito al quale ho avuto possibilità di ampliare la mia conoscenza proprio osservando gli altri esserei umani all’IKEA, non è prerogativa femminile. Esiste anche negli uomini, ma con modalità diverse.
Si evolvono così due differenti versioni di patologia, che sto ovviamente inventando al momento.

 

         DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO PREMEDITATO CON EPISODIO MANIACALE GRAVE E DELIRIO CONGRUO ALL’UMORE: È la versione femminile della patologia. Alla base di tutto sta la premeditazione, come esplicato nel seguente dialogo:

 

 Lei :Caro, perché non andiamo all’IKEA oggi? Un giro veloce per vedere due cose per la cucina!

 Lui: Noi non abbiamo una cucina. Noi non abbiamo una casa nostra.

 Lei: Ma l’avremo!

 LuiCi siamo conosciuti sabato scorso.

 Lei: Infatti è già una settimana. È il nostro compleGiorno!

 Lui: O. Mio. Dio.

 Lei: Ma.. ma scusa.. tu non vuoi una casa nostra?dei figli?credo che dovremmo parlarne..

 Lui: Ok. Ok. Andiamo all’IKEA.

 (nota: perseverare nell’opporsi porterebbe anche ad una totale assenza di rapporti sessuali per un periodo variabile tra i 6 ed i 18 mesi)

 La seconda caratteristica del disturbo è l’episodio maniacale. In questo chi ha inventato l’IKEA è stato geniale: già dal parcheggio si provvede alla coltivazione del delirio di onnipotenza latente in ogni donna. Il fatto che il parcheggio dell’IKEA di Brescia si estenda per un’area pari a quella di un piccolo stato, e che i posti più lontani siano siti in un luogo raggiungibile solo attraversando una dogana e cambiando valuta, perché non si è più in Comunità Europea, per l’uomo appare come un ostacolo insormontabile: nella donna questo alimenta invece, come detto in precedenza, un delirio di onnipotenza che si amplifica esponenzialmente nel momento in cui viene esposta agli infiniti stimoli presenti all’interno del negozio. La compresenza della premeditazione e dell’episodio maniacale genera effetti che sfociano nelle più classiche delle scene da IKEA: un uomo che aspetta una donna indecisa tra due mobili da mettere in una casa che non esiste, ma forse esisterà, con tempi di decisione che variano tra “+ infinito” e “super-infinito”, un’unità di misura creata appositamente dai maschi per capirsi tra loro rispetto a queste problematiche.
Inoltre, curiosamente, il giorno preferito dalle donne per andare in questi posti coincide inesorabilmente con il campionato di calcio. La definizione completa del disturbo diventa quindi : “Disturbo ossessivo-compulsivo premeditato con episodio maniacale grave e delirio congruo all’umore con aggravante di concomitanza con evento sportivo multiplo.”

 

         DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO FULMINANTE DIRETTAMENTE PROPORZIONALE AL LIVELLO DI INUTILITA’ DELL’OGGETTO IN QUESTIONE: È la variante maschile: la differenza più evidente con la patologia precedentemente illustrata è l’assenza di premeditazione. L’uomo non trova necessario pensare a cosa sta acquistando: anzi, spesso non trova necessario pensare e basta. In realtà non ritiene necessario nemmeno acquistare, fino a che non sia strettamente necessario.

 

Lei: Ma hai visto il tuo frigo?

Lui: Che ha?

Lei: C’è dentro solo un barattolo di maionese scaduta!

Lui: Vuoto?

Lei: n..no.

Lui: Allora non vedo il problema.

Quando è in fase di acquisto, poi, l’uomo si lascia trascinare, crede nell’ hic et nunc,  trova un’accezione completamente goliardica al concetto stesso di acquisto. Compra quello che lo diverte, e il divertimento è direttamente proporzionale all’inutilità dell’oggetto in questione. Questo genera dialoghi di questa risma:

 

Lui: Guarda cosa ho comprato!

Lei: Che diavolo è??

Lui (ammiccando): Ma come cos’è?? È un raccogli-stuzzicadenti a pedali!!

Lei: Ma.. e cosa ce ne facciamo?

Lui (entusiasta): Non lo so!!!

Lei: Ma allora che l’hai preso a fare?

Lui: A niente! Ma hai visto quanto cazzo è bello??

 
In quanto uomo non mi sottraggo a questo tipo di disturbo, soprattutto nei negozi di vestiti.

 (QSFB si presenta alla cassa di un negozio di vestiario con, nell’ordine:

n. 1 pantaloni arancio;

n. 2 paia di calzini a righe arcobaleno;

n. 1 camicia beige;

n. 4 polsini: blu, verde chiaro, bianco&rosso, grigio con pois lilla;

n. 1 cintura borchiata stile paninaro anni ’80;

n. 1 t-shirt con freccia a destra e scritta “I’m with stupid”;

n. 1 paio di guanti da elettricista

 

QSFB: Quant’è?

Cassiera: Sono 75 e quaranta centesimi.

QSFB: Ecco a lei.

Cassiera: Fa bene a portarsi avanti per carnevale: fuori stagione si spende molto meno. Non sono in molti a tenerlo in considerazione.

QSFB: Ehm.. già. Sono un pioniere

Best of…

Ecco un "best of" che ricordo con immenso dolore:

mercoledì, 13 febbraio 2008


Ieri mi sono recato a sostenere l’esame di statistica.
Ora, l’esame di statistica è in assoluto uno dei più temuti dagli studenti di psicologia: uno si iscrive a psico per non aver più niente a che fare con la matematica per il resto della sua vita, convinto di aver già dato a sufficienza alle superiori, e si ritrova a smanettare tristemente una calcolatrice riesumata dal fondo di uno zaino Invicta usurato, che ti fa pensare a quanto sei vecchio.
La calcolatrice è la peggior nemica dell’uomo, mi verrebbe da dire. Poi ci penso e, forse, in realtà la peggior nemica dell’uomo è la sifilide. Ma comunque.
Mettiamola così: la mia calcolatrice è la mia peggior nemica. Punto. Quando presi il diploma di geometra due cose sapevo, o perlomeno credevo di sapere:

 
1. Non avrei mai fatto il geometra; ("è stupido, potevo incularmi le nuvole, invece di provare a fare il geometra", cantava Samuele Bersani);

 
2. Non avrei più utilizzato la mia calcolatrice scientifica, dimenticandone completamente le funzioni. All’occorrenza ne avrei usata una tipo quella che Berlusconi ci "regalò" all’entrata in vigore dell’euro, e l’avrei utilizzata per le tabelline, che stavo cercando di dimenticare.
Ora che ci penso, da chi li avrà presi i soldi per regalarci le calcolatrici?
Mah.

Comunque. Il primo punto è stato assolutamente onorato: per mia fortuna, ma soprattutto per quella altrui. Non ho mai fatto il geometra e ci sono ottime possibilità che non lo faccia per il resto della mia vita. Il secondo punto è stato onorato fino alla settimana scorsa, quando mi è venuto in mente che dovevo preparare l’esame di statistica. Prima di procedere, però, spenderei due parole su come ho rotto il rapporto con la mia calcolatrice, anni fa.

 
(QSFB esce dall’orale dell’esame di maturità e si reca subito a vendere i libri dell’ultimo anno. Fatto ciò si reca verso casa, con una sensazione di leggerezza infinita. Arrivato, entra nella sua stanza e vede la calcolatrice, appoggiata alla scrivania. Ne scaturisce il seguente dialogo):

 

QSFB: Sei morta, troia.

 
Calcolatrice: No, ti prego..

 
QSFB (con un cacciavite in mano): Erano anni che aspettavo questo momento..

 
Calcolatrice: No, no, per favore..

 
QSFB : Comincerò dal tasto coseno..

 
Calcolatrice: Senti.. ma perché non ragioniamo? Non potresti vendermi?

 
QSFB: La chitarra nuova me la posso pagare 80 euro al mese. Demolire la mia calcolatrice.. non ha prezzo!

 

Calcolatrice: Potresti vendermi e comprarci del fumo..

 
QSFB: Ti vendo.

 

Il fato vuole però che la calcolatrice non sia realmente di QSFB, ma in comodato d’uso da suo fratello. Ciò ne ha impedito definitivamente sia la distruzione che la vendita, ma essa è stata rinchiusa in uno zaino all’interno di un baule nello scantinato, apribile solamente con la formula magica  “Clatù Verata Nicto”.
Così la scorsa settimana mi sono recato in cantina, ho premuto il libro finto che mi portava al passaggio segreto, ho attraversato i cunicoli, ho sconfitto il drago sputafuoco, ho suonato l’organo fatto di ossa, ho fatto il culo quadrato ai nazgul, e finalmente mi sono ritrovato a tu per tu col baule. Pronunciata la formula magica, ne è uscito uno zaino Invicta e, al suo interno, la calcolatrice.

 
Calcolatrice
(fumando una sigaretta): Ci si rivede, eh?

 

QSFB: Ehm..si.

 
Calcolatrice: Che vuoi?

 
QSFB: Lo sai già, cosa voglio.

 
Calcolatrice: Ti costerà parecchio, lurido bastardo.

 
QSFB: Lo so. Andiamo.

 
Rassegnato, ho cominciato a preparare l’esame. Vi risparmio la pena dei dettagli. Quando ho scoperto che mi serviva anche il tasto coseno, ho avuto una crisi depressiva con tendenze suicide.
Insomma, ieri mi reco sostenere l’esame. Più o meno a 2/3 del tragitto (cioè a 80km da casa), mi assale un dubbio atroce.

Infilo la mano nello zaino.
La calcolatrice non c’è.
È scappata, la troia.

La mia mente corre in cerca di una soluzione alternativa al comprarne una al momento (due calcolatrici in casa?piuttosto non mi laureo). L’unica soluzione che mi viene in mente è di utilizzare la calcolatrice del cellulare, il che avrebbe sviluppato questo dialogo:

 

Prof: Scusi, ma lei non ha la calcolatrice?non si possono fare questi esercizi senza!

 
QSFB: Ehm.. certo, ce l’ho!

 
Prof: E dove sarebbe, scusi?

 
QSFB(indicando il cellulare): Proprio qui!  Certo che ne ha fatti di progressi la scienza, eh?

 
Prof: Lei è un idiota.

 
QSFB: Lo so.

 
Prof: Credo sia il caso che lei se ne vada.

 
QSFB: Lo credo anch’io.

 

Ho così escluso anche questa seconda opportunità, quando un lampo di genio ha pervaso la mia piccola mente: chiamo la mia amica che abita a Parma e di sicuro ha una calcolatrice da prestarmi. La chiamo, passo da casa sua, prendo la calcolatrice, ringrazio e corro all’esame. Nel frattempo lei, la calcolatrice sostitutiva, mi sta già prendendo per il culo, con frasi del tipo:

 
Calcolatrice: Guarda che io non funziono mica come l’altra, guarda che lo so che ci odi, me l’ha detto la tua calcolatrice ieri sera  in MSN.. hai visto che bel tasto coseno che ho?

 
QSFB: Muori.

 
Arranco fino all’aula, appena in tempo, saluto il professore, mi siedo, cerco la biro nello zaino..

Cazzo.
Non ho la biro.
Me l’ha rubata lei.
La troia.

 
Così, con nonchalance, mi rivolgo al professore:

 
QSFB
: Scusi..

 
Prof: Si?

 
QSFB: Ecco.. volevo chiedere se per caso qualcuno ha una penna da prestarmi.. temo di averla persa.

 
Prof (porgendomi una penna): Prego, tenga la mia.

 
QSFB: Grazie, molto gentile.

 
Prof: Si figuri. E comunque, presentarsi senza penna non è un problema. Pensi che una volta un pirla si è presentato senza calcolatrice!

Best of

Ecco il contributo "best of" della settimana, tratto dalla posta di QuandoSiFaBuio.

mercoledì, 28 gennaio 2009

Per la “posta di QuandosiFaBuio” mi scrive M., dalla Toscana:

Carissimo QSFB, sono un giovane che sta cercando di farsi strada nel mondo del lavoro, vorrei avere da lei un’opinione riguardo ad una serie di detti che ho trovato interessanti, vorrei sapere da Lei cosa lega questi 4 detti: IN VINO VERITAS, IN SCARPE ADIDAS, IN DOCCIA BADEDAS e IN CULO UN ANANAS. Sarebbe interessante ricevere da lei una risposta… grazie mille…
un suo affezionato lettore.

La risposta alla tua domanda, affezionato lettore, risulta di non semplice formulazione. Procederò con ordine.

 IN VINO VERITAS: Una verità assoluta. L’attenuamento dei freni inibitori causato dall’alcol (vino, in questo caso) porta facilmente a rivelare cose che da sobri non si oserebbe esplicitare. Personalmente ho perso molti amici raccontando loro, da sbronzo, le mie esperienze con le loro mamme. Mi è spiaciuto parecchio, ma in fondo ne è valsa la pena. Da wikipedia scopro inoltre questo paralogismo attribuito ad un religioso non altrimenti specificato: "Qui bene bibit bene dormit, qui bene dormit non peccat, qui non peccat vadit in caelum, ergo qui bene bibit vadit in caelum!" (Chi beve bene dorme bene, chi dorme bene non pecca, chi non pecca va in cielo, quindi chi beve bene va in cielo!). Che dire? Parole sante.

IN SCARPE ADIDAS: Ho sempre sostenuto che la corretta interpretazione dell’acronimo ADIDAS non sia quello originale derivante dal nome del fondatore dell’azienda, tale Adi Dassler, ma sia invece quella proposta dai Korn, e cioè “All Day I Dream About Sex”. Detto questo, con “in scarpe Adidas” ci si riferisce semplicemente al fatto di sognare ogni giorno il sesso in scarpe. Considerando che tutti noi passiamo buona parte dellla giornata pensando al sesso, e indossando scarpe (a meno che qualcuno di voi non faccia il collaudatore di materassi, e se ci sei, sappi che ti stimo moltissimo) è un’affermazione che non dice niente di particolarmente nuovo o eclatante. Per esperienza, mi viene da associare l’origine di questo “detto” ad un’assunzione massiccia di tetraidrocannabinolo (THC), che ha tra i suoi effetti quello di contribuire a generare cazzate di codesta risma.

IN DOCCIA BADEDAS: Qui lascerei parlare il video.

IN CULO UN ANANAS: Di questa curiosa abitudine avevo sentito parlare solamente dal Sarto, che è solito perpetrarla. Mi faceva notare però che è meglio sbucciare precedentemente l’ambìto frutto esotico, perchè le escrescenze della buccia tendono a provocare il cosiddetto “effetto Fischer”, in virtù del quale non si riesce più ad estrarlo, come i Fischer, per l’appunto. Esistono due varianti di questo detto: una è quella da te indicata; la seconda si pronuncia allo stesso modo ma il significato è completamente differente: tale versione è INCULO UN ANANAS. Ora, in questo caso è ovviamente opportuno munirsi di un cucchiaio, uno scovolo, un trapano, o qualsiasi altro utensile o aggeggio atto a perforare il frutto della tropicale pianta Bromeliacea. Esiste inoltre un’ultima, anche se rara, variante: INCULO UN ANA-NAS, inteso come proporsi come parte attiva di un rapporto anale con un membro dell’ANA (Associazione Nazionale Alpini) e dei NAS (Nucloe Anti Sofisticazione). Questo tipo di alternativa è poco usata soprattutto in virtù del fatto che esistono ben pochi individui che siano contemporaneamente alpini e NAS. E di questi pochi, non so quanti gradirebbero prenderlo nel culo. Credo di aver concluso la mia disamina, caro lettore: spero di esserti stato utile e mi raccomando, non esitare a scrivermi nuovamente qualora ti dovesse essere necessario, e dillo anche a tutti i tuoi amici e amiche.

E ricordate: appletini@libero.it … QSFB risponde!!

Con amore.

QSFB

Best of

Ecco il post nuovo arrivato nella sezione "best of": il meglio del peggio di appletini.it!!

giovedì, 13 settembre 2007

Essendo un quasi-psicologo, mi esamino e scruto dentro me da quasi-professionista del settore. Quello che ho scovato è stata soprattutto birra, ma tra le altre cose c’è questa voglia (o curiosità) mai soddisfatta di recarmi, per l’appunto, da uno psicologo, giusto per rendermi conto di cosa dovrei o potrei fare io, un giorno, per guadagnarmi una birra.

Proseguendo con gli studi questo desiderio si è progressivamente modificato, arrivando a desiderare di incontrare non uno psicologo, ma uno psicanalista (la “frangia Freudiana” del settore).

Cosa che non ho fatto, ovviamente, anche perché in realtà come si sarebbe svolto il colloquio lo immagino abbastanza bene, a tal punto da elaborare diverse opzioni.

 

(Q = QuandoSiFaBuio       P = Psicanalista)

 

 

 

ESEMPIO 1:

 

Q: Ho fatto diversi sogni strani, nell’ultimo periodo. In uno di questi c’erano nuvole di fuoco e meteore che si schiantavano sulla terra.

 

P: Beh, è palese. Le meteore rappresentano dei testicoli, e le nuvole infuocate dei peni. La terra sulla quale si schiantavano è lei. Siamo di fronte ad un tipico caso di omosessualità latente.

 

Q: Capisco. Immagino quindi che quel grosso fungo che hanno portato a casa i miei da Merano rappresenti il glande.

 

P: Beh, veramente..

 

Q:  Lo sapevo.

 

 

ESEMPIO 2:

 

Q: Ho sognato di fare ses..

 

P: Beh, è un palese esempio di omosessualità latente.

 

Q: ..so con una donna bellissima.

 

P: Ah. Strano.

 

Q: Alta, mora. Con due seni prorompenti.

 

P: Lo immaginavo. I seni prorompenti rappresentano i testicoli, la chioma mora sono i peli pubici, e il resto della donna non rappresenta altro che un gigantesco pene. E’ un palese esempio di omosessualità latente.

 

Q: Lei è sposato?

 

P: Certo!Ma che c’entra quest..

 

Q: E quanto è alta sua moglie?

 

P: Un metro e ottanta. Ma non capisc..

 

Q: Ti piace grosso, eh?frocione!

ESEMPIO 3:

 

Q: Gneeek.Tum! (QuandoSiFaBuio apre la porta e la richiude dietro di sé, quindi si accomoda.)

 

P: Lei sta seduto a gambe incrociate. Si sente forse freddo nei miei confronti?

 

Q: No. Sono semplicemente comodo.

 

P: Non ne sono convinto. Apra le gambe, vedrà che si sentirà più disponibile al dialogo.

 

Q: Lei è gay, vero?

 

P: Si. Le crea qualche prob..

 

Q: Gneek.Tum!

best of

Dopo circa due anni e mezzo di attività, mi sembra giusto proporre una sezione "best of" all’interno della quale inserire alcuni post particolarmente apprezzati (da noi, se non altro), per vedere se ci fanno ancora sorridere ma anche per capire come siamo degenerati nel tempo, idiotisticamente parlando. Questi "nuovi post vecchi" saranno appunto inseriti nella sezione "best of": il meglio del peggio di appletini.it.


mercoledì, 10 ottobre 2007


 (Attenzione: questo post è lungo. Si declina ogni responsabilità per attacchi cardiaci, crisi epilettiche o masturbazione compulsiva.)

Burrhus Frederic Skinner è stato un importante psicologo americano. Prima di spiegare ciò che voglio spiegare, però, riporto un breve dialogo tra i suoi genitori a proposito del nome del figlio:

Legenda per eventuali idioti:
(M = Madre di Burrhus     P = Padre di Burrhus)


M : Tesoro, sono incinta!

P : O mio Dio, è fantastico! 

M : Senti, se è femmina avevo pensato di chiamarla Kate.

P : Fantastico! E’ il mio nome preferito!

M : Però ci devo ancora pensare, non sono sicurissima. Se è maschio invece non ho dubbi.

P : Eddai, cazzo, non tenermi sulle spine..dimmi!

M : Se è maschio lo chiameremo di certo Burrhus.

P : ..Burrhus.

M : Si, Burrhus! Che c’è, non ti piace?

P : Ehm.. no, no, è bellissimo, l’unico problema è che non ti ho mai detto che sono gay. Addio.

M : Ma, ma.. aspetta, parliamone! Io ti posso accettare anche se sei gay..

P : Passivo.

M : Ah, ok. Addio, allora.

Probabilmente anche a causa di questo (oltre che del nome stesso, s’intende) il povero Burrhus soffrì in gioventù di una forma depressiva che fece naufragare il suo sogno di diventare scrittore. Divenne comunque molto famoso per la formulazione del principio del "condizionamento operante", che illustrerò brevemente con un esempio classico.

In una gabbia c’è un ratto. Esso si muove casualmente nella gabbia stessa, all’interno della quale c’è una piccola leva che, se premuta, aziona un meccanismo che fa scivolare una piccola pallina di cibo all’interno. All’inizio il ratto aziona casualmente la leva, vede che arriva del cibo e lo mangia. Col passare del tempo capisce che tutte le volte che aziona la leva stessa arriva del cibo. Il ratto comincia quindi a saltellarci sopra allegramente fino a quando non è pieno come un uovo.

(nota: Può capitare che ci sia un ratto che non capisce la faccenda della leva. Ma si sa, gli idioti non esistono solo tra gli umani.)

Ora: mia madre esce a prendere il pane tutte le mattine alle 11.30 e rientra verso le 12.15. Tutte le mattine.

Tutte. Le. Mattine. Non mi pare un concetto complicato. Tuttavia, tutte-le-mattine, puntualmente, tra le 11.30 e le 12.15 il telefono di casa suona. Ed è una sua amica che la cerca. Considerando che mio padre non risponde al telefono di casa (chiamalo idiota) ma ne odia lo squillare, è ovvio che tocchi a me rispondere. Accade quindi questo:

(Q = QuandosiFaBuio     A = AmicaDellaMamma)


A: Pronto, c’è la mamma?

Q: No. E’ uscita.

A: Ah, ok, dille che l’ho chiamata. Ciao.

E fin qui, al di là del fastidio provocato dal dover rispondere sapendo già chi è e cosa risponderò, non sarebbe poi granché. Il problema si pone quando la fantastica amica se ne esce con cose del tipo:


Q: Pronto?

A: Ciao. C’è la mamma?

Q: No. E’ uscita. Torna verso le 12.15.

A: Ma è sempre in giro, tua mamma! Che gironzolona!

Q: Eh, già.. sta proprio vivendo una seconda giovinezza.


La mia mancanza di pazienza e di umorismo mi ha portato quindi ad applicare i princìpi del condizionamento operante all’amica di mia madre, mettendola in condizione di capire che a quell’ora non è mai in casa, ma in maniera progressiva, di modo che gli risulti semplice da acquisire. Un po’ come aiutare un ratto non particolarmente brillante a trovare la leva.


TENTATIVO 1:

(lunedi, ore 11.45)

A: Pronto, c’è la mamma?

Q: No, mi spiace.

A: Ah,ok. Grazie.


TENTATIVO 2:

(martedi, ore 11.45)

A: Pronto, c’è la mamma?

Q: No, mi spiace. E’ uscita a prendere il pane, come tutte le mattine.

A: Ah,ok. Grazie.




TENTATIVO 3:

(mercoledi, ore 11.45)

A: Pronto, c’è la mamma?

Q: No, mi spiace. Non è MAI in casa a quest’ora.

A: Ah,ok. Grazie.

TENTATIVO 4:

(giovedi, ore 11.45)

A: Pronto, c’è la mamma?

Q: No. E’ morta.

A: Eh?

Q: click.

VENERDI, ORE 18.00:

Mamma: Eccoti. Volevo chiederti una cosa. Oggi pomeriggio ha chiamato la mia amica..

QuandoSiFaBuio: E andiamo, cazzoo! Ma chi sono, eh?dimmi..CHI CAZZO SONO?

Mamma: ..dice che ha chiamato stamattina ma c’era il telefono staccato. Verso le 11.45. Ne sai qualcosa?

QuandosiFaBuio: Ehm..no. Sarà stato il ratto.