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Lampadine

– Ciao, che fai?
– Cambio la lampadina di questo lampioncino, bel bambino.
– Perché?
– Perché è bruciata e, dopo averla ignorata per quattro mesi, ho capito che stavolta ha vinto il mio vicino di casa. Cioè tuo padre.
– Perché?
– Perché, di solito, entrambi tendiamo ad ignorare il problema aspettando che sia l’altro a risolverlo: tentiamo reciprocamente di prenderci per sfinimento, diciamo. L’abbiamo fatto col cancellino, con tutte le altre lampadine dei lampioncini d’ingresso, con l’accumulo di pubblicità nella posta: cose così. Quando è nevicato l’abbiamo fatto col vialetto d’ingresso: piuttosto che spalarlo ho comprato un kit da arrampicata e l’ho scalato fino al naturale scioglimento dei ghiacci, a primavera.
Stavolta invece ho ceduto. Strano, comunque: di solito vinco io.
– Perché?
– Perché vinco io? Be’, perché lui è sposato.
– Perché?
– Perché è sposato, intendi? Non lo so, ma posso provare ad azzardare una risposta: è arrivato alla soglia dei trenta e sua madre ha cominciato a chiedergli come fosse possibile che un ragazzo bello, intelligente, simpatico e brillante come lui non avesse ancora trovato la ragazza giusta, e che le signore al mercato continuano a chiederle quando si sposa suo figlio, “che poi la casa ce l’ha, il lavoro ce l’ha, manca solamente la ragazza giusta”; i suoi amici non si sono più fatti vedere perché avevano trovato la ragazza giusta; al lavoro l’hanno infilato a fare il tappabuchi a orari assurdi perché tanto lui non aveva mica la ragazza giusta ad aspettarlo, a casa. Poco dopo, anche lui ha trovato la ragazza giusta. Certo che il destino, quando gli dai una mano, oh, è incredibile quello che riesce a fare.
– Perché?
– Perché è fantastico, non credi? Uno penserebbe che alla lunga qualcuno finisca per sposarsi solo perché si sente inadeguato, perché l’hanno fatto tutti o, quantomeno, anche per quello. Invece no: è destino, è amore. La persona giusta al momento giusto, per sempre. Non è dannatamente poetica, la vita, a volte? Cioè, magari è successo ad altri, forse qualcuno si è davvero sposato per quello, ma sicuramente non tu. Non è stupendo?
– Perché?
– Perché la vita è meravigliosa, perché se vuoi combattere la fame nel mondo puoi chiedere di lanciare coriandoli bianchi al posto del riso e perché comprare bomboniere a forma di porta-qualcosa senza capire cosa sia quel qualcosa è uno dei migliori passatempi della storia dell’uomo, ed è dannatamente più semplice del cubo di Rubik. Perché è il giorno più bello della vita. Oddio, anche quella sera allo stadio quando l’Italia ha vinto i mondiali e per caso poi sei finito a cena con la nazionale al completo, tutti sbronzi, e ti hanno fatto sollevare la coppa del mondo, è stato bello, ma vuoi mettere stare un’ora davanti ad un tizio in costume che legge passi tratti da un libro di fantascienza? Dai. E poi sposarsi è considerato una valida risposta alla domanda: “Che diavolo hai combinato nella tua vita?” che è una di quelle domande alle quali  è meglio avere sempre qualcosa da rispondere.
– Perché?
– Perché ti mette in una posizione rassicurante, capisci? Se lo chiedessero a me, che cosa ho combinato, che diavolo potrei rispondere? Che ho messo su un blog di cazzate, che poi l’idea non è stata nemmeno mia? Non è sufficiente, ci vuole qualcosa di più. Per questo ho un grizzly in giardino.
– …perché?
– Perché l’amore che si prova per un grizzly, tu, non lo puoi capire.

La morte del giallo

Tutto cominciò il giorno in cui il commissario Borboni si rese conto che le piume del suo pappagallo erano divenute completamente grigie, così, all’improvviso: lo stesso giorno in cui venne tamponato da un’auto il cui guidatore sosteneva che il semaforo era passato direttamente dal verde al rosso, in un istante. Non fu semplice nemmeno cercare un mezzo per rientrare a casa, mentre guardava il carro attrezzi rimorchiare le settantaquattro rate a tasso agevolato che gli mancavano per poter definire quel catorcio “suo”: non c’era nemmeno un taxi, a perdita d’occhio. Quando finalmente riuscì a trovarne uno, valutò che era di un colore troppo simile alle piume del suo pappagallo per rappresentare una semplice coincidenza. Pensò alle parole del commissario Montanari, che gli aveva insegnato il mestiere, anni prima. Così chiese improvvisamente al tassista di svoltare a destra per poi proseguire diritto, superare la zona della prostitute, passare di fianco alla sede delle Poste e alla sua gigantesca insegna grigia, per poi percorrere il lungo viale che sfocia direttamente nella via principale del quartiere cinese.
Il deserto quartiere cinese.
“Nel nostro lavoro le coincidenze non esistono, quant’è vero che ogni mattina la pisciata che fai nel cesso è gialla”, gli diceva sempre Montanari. Ma la pisciata, il giorno seguente, fu inesorabilmente grigia.
Era fondamentalmente un problema filosofico: stando a quanto gli aveva sempre detto il suo mentore, se le coincidenze non fossero esistite finché avrebbe pisciato giallo, nel momento in cui ciò non fosse più accaduto l’affermazione avrebbe perso di senso: quindi le coincidenze esistono e, se davvero esistono, tutta questa storia potrebbe essere semplicemente frutto del caso.
Eppure il giallo pareva proprio scomparso.
Così, dopo aver effettuato una seconda perlustrazione nel quartiere cinese appurando il fatto che no, non c’era proprio nessuno, si rivolse ad un noto docente di filosofia, uno di quelli che non capisci mai dove finiscono i capelli e dove comincia la barba. il professore ascoltò attentamente tutta la vicenda e le domande del commissario Borboni e gli rispose mettendolo di fronte ad un paradosso classico: “Se il barbiere del villaggio rade tutti e solo quelli del villaggio che non si radono da soli, chi rade il barbiere?” Poi si grattò vigorosamente il culo e lo lasciò da solo, a riflettere. Per le successive sei ore, il commissario Borboni non fece altro che rimuginare sul fatto che rispondere a delle domande con una domanda è proprio da stronzi. Poi pensò che la soluzione potesse essere che il barbiere in questione fosse cinese, quindi scomparso, e mica possiamo metterci a verificare la presenza o meno di barba sul viso di uno scomparso. Infine optò per la verifica empirica: diede le dimissioni e divenne barbiere. Si rese conto così che era sufficiente non essere più un commissario di polizia per smettere immediatamente di arrovellarsi su omicidi, rapine e, soprattutto, questioni cromatiche. L’unico cruccio che lo accompagnò per il resto dei suoi giorni fu quello di non risolvere mai la faccenda della barba, che si lasciò crescere all’inverosimile, crogiolandosi nel dubbio: questo gli valse, anni dopo, la conquista del Guinness dei primati come uomo dalla barba più lunga del mondo. Mentre lo premiavano pensò che in fondo la sua era una bella vita, che gli era andato tutto bene e che a volte è inutile perdersi su questioni che poi, alla fine, non sono importanti.
Sorrise alla avvenente signorina che lo stava premiando, ringraziò tutti, e visibilmente commosso ritirò la sua targa d’oro grigio.

 

“Come va il lavoro? E la morosa ce l’hai?”: piccolo prontuario per difendersi dai convenevoli – seconda parte

La prima parte la potete trovare QUI: è importante perché questa è la seconda parte e leggerla senza aver letto la prima potrebbe generare confusione, tipo una volta che con la scuola ci hanno portato a vedere un film al cinema ma si sono sbagliati ed hanno proiettato prima il secondo tempo e poi il primo e poi ci hanno chiesto di raccontare il suddetto film in un tema e io l’ho raccontato esattamente così come l’avevo visto e, tanto per cambiare, non sono stato capito. La scuola non serve a un cazzo.)

Non mi dilungherò in convenevoli mentre scrivo un post su come difendersi dai convenevoli stessi. Quindi, facendola breve: esiste tutta una serie di frasi ad hoc per rispondere al fatidico “Come stai?” e distruggere in breve tempo qualsivoglia tipo di comunicazione indesiderata, lasciando intendere all’interlocutore che forse non è il caso di attaccare bottone con te, lasciando emergere tratti di personalità ambigui e complicati.
ATTENZIONE: Sfuggire al convenevole non significa necessariamente troncare la conversazione: può significare portare la conversazione stessa ad un altro livello e troncarla prima che esso possa essere sfoderato da chicchessia.

1) AMNESICO

– Ciao, come stai?
– Ehi, chi cazzo sei tu?
– Veramente sarei tua madre.
– Ah. Be’, allora è pronto il latte col nesquik?
– Non bevi latte col nesquik da quando avevi dieci anni.
– E quanti ne ho ora?
– Trentacinque.
– Uhm, mi sa che mi sono perso qualcosa. Ehi, chi è quel tizio in TV?
– È il presidente degli Stati Uniti d’America.
– Ma che cazzo dici? È nero!

2) TESTIMONE DI GEOVA

– Ciao, come stai?
– Bene. Ora vado di casa in casa a portare la luce nel mondo.
– Enel?
– No. Geova.
(a questo punto estraete con cautela il volantino che avete precedentemente infilato in tasca e proseguite con una frase del tipo: “Non vedi che il mondo va a rotoli? Sono gli ultimi giorni.”, oppure “Non preoccuparti se ti sembrano tutte cazzate: Geova metterà le cose a posto a suo tempo”, o ancora “Lo sapevi che i puffi sono stati creati da satana?”: il malcapitato si dileguerà).

3) CONTROPIEDISTA

– Ciao, come st…
– Ciao, come stai?
– Bene, grazie, e t…
– Ottimo. Che mi racconti di bello? Novità?
– Ma, sai, il solito: lavoro, famiglia, e tu invec…
– E con tua moglie come va? Ho sentito che stavate per lasciarvi.
– Come? Ma… ma chi ti ha detto una cosa del gen…
– Poco male. Era una troia.
(e qui, se l’interlocutore vi sta particolarmente antipatico, potete aggiungere qualcosa del tipo “Be’, ora vado: mi ero avvicinato solo per dirti questo”).

4) FAN DELLE “LAS KETCHUP

– Ciao, come stai?
-Aserejè ja de jè de jebe tu de jebere
sebiunouva majabi an de bugui an de buididipi.

5) PARANOICO

– Ciao, come stai?
– È una domanda trabocchetto?

 

 

 

 

Settembre: buoni propositi

SETTEMBRE

-Salve, vorrei iscrivermi.
– Pesi, corsa, GAG, pilates, stretching selvaggio, step, latin step, yoga estremo, aeroboxe, total fit slim, spinning, privazione di ossigeno al cervello, crocifissione temporanea, running, o danza del ventre?
– Ehm, non so. Vorrei dimagrire.
– Facciamo il pacchetto completo?
– In cosa consisterebbe?
– Be’, tutto.
– Tutto?
– Tutto! Tutto quello che ti ho elencato per 760€ annuali, pagabili in diciottomila rate giornaliere da un euro.
– Scusa, ma diciottomila rate per un euro a rata farebbe un totale di diciottomila euro.
– Non perderti nei dettagli, l’importante è tornare ad essere in forma: e poi cos’è un euro al giorno? Un caffé, cristo! Non sei stanco di sentirsi a disagio durante l’estate? Non vuoi essere più sicuro di te stesso, aumentare la fiducia nei tuoi mezzi ed essere finalmente come hai sempre desiderato? Non vuoi trombarti le fighe?
– Trombarmi… le fighe? Be’, sì, certo, ma a me interesserebbe dimagrire. Cioè, sarei qui per quello, ecco.
– E io che ho detto? Trombarti le fighe!
– Io avevo sentito parlare della zumba…
– La… che?
– La zumba! Ne ho sentito parlare per un anno intero.
– Ahhh, la zumba! Ahahah, ma è roba dell’anno scorso, amico! Non serve a un cazzo!
– Come non serve a un cazzo? Ma se per un anno ho sentit…
– Ma hai visto che roba è? Secondo te serve a qualcosa? Facciamo così tutti gli anni: ce ne inventiamo una, organizziamo i corsi, facciamo comprare alla gente il pantaloncino giusto, il reggiseno giusto, la fascia giusta, il cavetto per collegare l’iPhone al cervello e controllare quante calorie stai bruciando (così lo puoi mettere su facebook) e nel frattempo alimentiamo la tua incostanza: ah, se ti iscrivi da noi hai il 15% di sconto da Mc Donald’s per tutto l’anno, anche se smetti. Arrivati a giugno, ad andar bene, è patta: ti va di culo se non sei ingrassato. Dal latino americano in poi, ogni anno c’è un’inculata nuova. Geniale, no?
– Scusa, ma allora a che serve tutta ‘sto programmone di esercizi, se poi non servono a niente?
– A rendere il tuo livello di autostima paragonabile a quelli di un operaio cinese: abbiamo una convenzione con i medici di base per la prescrizione di antidepressivi. In più, la quota non è rimborsabile: se verso febbraio molli, come fa in media l’82% degli iscritti a settembre, per noi è tutto guadagno.
– E la novità di quest’anno qual è?
– Il latin wild step!
– E che roba è?
– Un’equipe di scienziati del Massachussets ha dimostrato che fare del normale step con l’aggiunta di un aggeggio di gomma nel culo aumenta il consumo di calorie del 34,6%, che raggiunge punte del 35,2% se gli esercizi vengono accompagnati da musica peruviana. Et voilà: Latin Wild Step!
– Scusa, ma visto quello che hai appena finito di dirmi, che differenze ci sarebbero con la zumba e tutto il resto?
– Be’, in questo caso, quando arriverà giugno, la sensazione di averlo preso nel culo non sarà solo una sensazione.
– Quanto hai detto che costa iscriversi?

L’uomo che aveva gli occhi sul culo

Una volta stavo aspettando una ragazza e lei sarebbe dovuta arrivare dalla mia sinistra e allora io me ne stavo a cuore immobile con lo sguardo fisso da quel lato della strada così l’avrei vista svoltare l’angolo e avrei pensato qualcosa del tipo Se le dico quanto è bella poi finisce che non mi crede. Lei avrebbe sorriso venendomi incontro, io avrei fatto lo stesso, e nessuno dei due si sarebbe accorto, in quel momento, che sarebbero stati gli istanti più belli, più di tutto quello che c’è stato dopo. Sta di fatto che lei, invece, è arrivata da destra: era andata a fare una commissione per sua madre o chi se lo ricorda cosa, ed aveva percorso un’altra strada. Così io me ne stavo con lo sguardo fisso di qua ma lei è arrivata da là e invece di dirmi qualcosa del tipo Ciao se n’è rimasta lì a guardarmi, in silenzio. Io mica me ne sono accorto. A un certo punto sento un Ehi e mi giro e c’è lei e le dico Cazzo, hai rovinato la parte migliore e lei risponde Cosa? E io Niente, lascia stare.
Tutto questo per dire che a volte certe cose proprio non te le aspetti, come quando il mio amico Martin si è svegliato e ha scoperto di avere gli occhi sul culo, letteralmente. Uno per chiappa. Non che si fossero spostati, eh: erano cresciuti, evidentemente. Un secondo paio di occhi sul retro, belli grandi. Quando ci succedono cose strane siamo istintivamente portati a pensare che ci sia una spiegazione logica, e che certamente non siamo i primi ai quali è successa una cosa del genere. C’è troppa gente, al mondo: vuoi che a nessuno  mai siano cresciuti degli occhi sulle chiappe? Orsù. Così Martin se ne andava in giro a chiedere agli amici se questa cosa  potesse effettivamente essere considerata normale e nessuno sapeva bene come rispondergli no senza pronunciare la parola no. Non è mica semplice: se devi dire banana senza dire banana è un conto, ma dire no senza dire no può risultare particolarmente complicato. Le risposte alla domanda di Martin É normale? Erano più o meno queste: Sì, però fatti dare un’occhiata; Sì, però è raro; Sì, però chiudili prima di sederti sul cesso; Sì, però…
La verità è che sì, però significa semplicemente no, ma senza pronunciarlo. Ecco tutto.
Così ho tentato un’altra strada: cercare di far capire a Martin la differenza tra cosa può essere considerato normale e cosa no, con un esempio pratico e a portata di mano:
Allora, se vai su youporn e ci trovi il video di una che fa un pompino, quello è normale: ma se vai su youporn e ci trovi il video di tua mamma che fa un pompino a un grizzly, quello non è normale. Capisci, Martin?
Martin capiva.
C’era poi quella faccenda della miopia: il secondo paio di occhi, dopo essere stati visitati da un incuriosito quanto timoroso oculista, sono risultati essere sprovvisti di alcune diottrie normalmente in dotazione e, data la dimensione degli occhi stessi, non era certo possibile pensare a delle lenti a contatto. Ma come reggere degli occhiali in assenza di orecchie? Prendendole da uno morto e applicandosele alle anche, ovviamente. Ma già che ci siamo, mica le facciamo di bellezza e basta, eh: due orecchie funzionanti. Et voilà, ecco a voi un culo vedente e sentente. Poi è stato un attimo dire a Martin di leggersi Pasto nudo di Burroughs, nel quale c’è un uomo che insegna al suo buco del culo a parlare. La letteratura ci aiuta a crescere, e così Martin ha imparato. Insomma, ora c’ha una vera e propria faccia didietro: manca solo il naso, giusto perché avrebbe creato qualche problema con quella faccenda del sedersi, cosa che a Martin, come a chiunque di noi, capita piuttosto spesso di fare.
Invidio Martin ferocemente: ora se ne va in giro con le sue due facce, una davanti e una dietro, decidendo di volta in volta quale lato di sé esporre al proprio interlocutore. Come facciamo tutti, del resto.
Lui però, a differenza nostra, è giustificato.

 

Limoni

 

«Tommy, corri! Sta per cominciare!»
« Chissà cosa avrà di tanto importante da annunciare, il presidente.»
« Non lo so, ma passa in diretta nazionale a reti unificate, tipo Capodanno.»
« Magari ha deciso che l’anno finisce oggi.»
« Ma che stai dicendo?»
« Non si sa mai, di questi tempi: magari gli fa comodo. Sai che i politici si fanno le leggi su misura?»
« Ma che c’entra? Capodanno è Capodanno, non si può mica spostare!»
« Dici? Secondo me sì.»
« Ma fammi il piacere. Oh, eccolo! Il presidente! Tommy, arrivi o no? Sta uscendo il presidente! Dove diavolo è finito quel ragazzo?»
« Non credo arriverà: se ne sta impalato sul ciglio della strada da più di un’ora.»
« Più di un’ora? Che cavolo sta combinando?»
« Dice che vuole arrivare in soggiorno senza muoversi di lì.»
« E come diavolo avrebbe intenzione di riuscirci?»
« Facendo affidamento sulla tettonica a zolle.»
« La… cosa?»
« La tettonica a zolle: mi ha spiegato che la litosfera – lo strato superiore della terra – è suddivisa in diverse zolle che galleggiano sopra la superficie viscosa del mantello terrestre. È per questo che i continenti si spostano.»
« E questo dovrebbe contribuire a farlo arrivare in soggiorno senza camminare?»
« Così dice: nel frattempo sta continuando con il banchetto della limonata.»
« Ancora? Gliel’ho detto che non rimedierà mai i soldi per la bicicletta vendendo limonate!»
« Gliel’ho detto pure io, ma mi ha risposto che tanto, calcolando il movimento della crosta terrestre, non raggiungerà il salotto prima di un paio di milioni di anni. C’è tempo, insomma. Ehi, ecco il presidente!»
« Oddio, eccolo! Che faccia scura, ragazzi.»
« Chissà cosa cavolo…»
« Shh! Zitto!»
« Cittadine e cittadini, buongiorno. È molto difficile per me leggere il seguente comunicato, ma il dovere istituzionale mi impone di essere il più chiaro possibile a proposito di ciò che sta accadendo. Lo scorso giovedì i nostri scienziati hanno individuato un asteroide in piena rotta di collisione con la Terra: immediatamente è scattato il segreto di Stato, onde evitare esplosioni di panico. L’idea era quella di rendere nota la notizia una volta verificata la gravità della situazione ed elaborato un piano per la risoluzione della stessa. In questi pochi giorni i nostri esperti hanno ideato, sperimentato e messo in atto alcune strategie che vado a elencare, specificandone l’esito:

– Lanciare dei missili contro l’asteroide, mancandolo clamorosamente;

– Contattare Michael Jordan sperando potesse colmare la carenza di mira dei nostri lanciatori di missili. Purtroppo, però, il signor Jordan si trova attualmente in Italia, a Mantova, per la sagra della mostarda: dice che gli dispiacerebbe molto piantare lì tutto e ripartire di corsa. Ha inoltre aggiunto che a Mantova lo trattano tutti molto bene;

– Cineforum: maratona di “Armageddon”. Il film è stato visionato quattordici volte, a seguito delle quali è stato sentenziato all’unanimità che “è solo un’americanata”. Questa posizione è stata sostenuta anche dal protagonista Bruce Willis, quando l’abbiamo contattato;

– Telefonare al nostro medium di fiducia, che abbiamo scoperto essere anche il medium di fiducia di Michael Jordan: attualmente si trova alla sagra della mostarda in sua compagnia. Dice che a Mantova lo trattano tutti molto bene;

– Contattare il Papa e chiedere di pregare per noi: egli per tutta risposta si è recato direttamente presso l’”Area 51”, ha preso l’astronave acquistata con la somma di tutti gli “otto per mille” donati alla Chiesa cattolica e si è trasferito su Proxima Centauri;

– Contattare direttamente l’asteroide nel tentativo di intavolare una trattativa, scoprendo che quest’ultimo non risulta essere dotato di raziocinio.

Vorrei trovare un modo migliore per comunicarvelo, cari cittadini, ma la verità è che abbiamo completamente e inesorabilmente fallito. Tutti i tentativi sopracitati sono caduti nel vuoto: l’esistenza di questo pianeta – e la nostra, conseguentemente – giungerà al termine tra poco più di quattro ore: non c’è più tempo. Ho invitato i nostri scienziati a tornare a casa dalle loro famiglie per trascorrere con loro gli ultimi istanti, consiglio che mi sento di dare a tutti quanti voi. Insomma, è primavera, sono le tre del pomeriggio e c’è il sole: uscite. Fate una passeggiata. Sorridete. Prendete un gelato, bevete qualcosa. Salutate tutti. Insomma, se proprio dobbiamo morire, almeno godiamocela.
Addio, cittadini.»

«Avresti mai pensato di morire così?»
«Attendendo inerme lo schianto di un asteroide sulla Terra? Certo che no. Io avevo già messo in conto un bell’infarto.»
«E ora che facciamo?»
«Che vuoi fare? Ha ragione il presidente: usciamo. Godiamocela. Non c’è alternativa»
«…»
«A cosa stai pensando?»
«A Tommy. Sto pensando a Tommy. Come diavolo glielo spieghiamo?»
«Questo davvero non lo s…»
« Mamma! Mamma!»
«Oddio. Tommy! Che c’è?»
«Limoni!»
«Eh?»
«C’è una festa! C’è una festa! Sono tutti in strada, mamma: i vecchi, i bambini. Si abbracciano tutti. È uno spasso!»
« Tommy, io devo…»
« Tu devi andare in cucina e spremere altri limoni! C’è la coda per la limonata, mamma: la coda! La bici, mamma, capisci? Se riesco a vendere limonata a tutta questa gente, domani mi posso comprare la bici! Lo capisci o no? Domani, mamma!
«Certo, Tommy. Certo. Domani. Lo capisco benissimo.»
«E allora che ci fate lì impalati? Datemi una mano, su! Spremere!»
«Tommy, ti devo dire una cosa.»

Come glielo dici, a un bambino di dieci anni, che sta per finire il mondo?

«Il presidente ha appena parlato alla tv ed ha annunciato che un asteroide si schianterà sulla Terra tra poche ore: ha suggerito a tutti di uscire, di stare vicino alle persone alle quali si vuole bene e di godersi al meglio questo poco tempo. Per questo sono tutti in giro, e credo dovremmo farlo anche noi. Divertirci, finché possiamo. Mi dispiace immensamente, Tommy.»

Così, glielo dici, chiunque tu sia.
A meno che tu non sia sua madre, chiaramente. In tal caso, glielo dici così:

«Sarà bellissima.»
«Di cosa parli, mamma?»
«Sarà una bici bellissima.»

« Avresti mai pensato di morire così?»
« Spremendo limoni a poche ore dalla caduta di un asteroide sulla terra, intendi? Certo che no. Io avevo già messo in conto un bell’infarto.»

Riacquistare la verginità al MI AMI

Lo scorso anno, qualche giorno dopo la conclusione del MI AMI, il festival organizzato da ROCKIT, qualcuno ha avuto la bella pensata di scrivere questo fantastico racconto, che gli è valso una quantità di prese per i fondelli pari solamente a quelle ricevute dalla grafologa del TG5 (e di Studio aperto, perché non vuole farsi mancare proprio niente). Nella fattispecie, il racconto era questo: vi chiedo di leggerlo prima di proseguire. È molto breve.
Lo trovate QUI.
Ero molto dispiaciuto di non poter godere anche quest’anno di un aneddoto così avvincente e così, come spesso faccio anche con altre cose, mi sono arrangiato da solo. Ecco il sequel (qua e là ho ripreso paro paro qualche frase del racconto originale, per non perderne la forza e l’accattivante appeal.
Ah, al MI AMI di quest’anno, come intuirete, la domenica è piovuto parecchio).

Riacquistare la verginità al MI AMI

Giulia ha diciassette anni. D’altra parte lo scorso anno ne aveva sedici e sedici più uno, voi m’insegnate, dà come somma un numero che è conosciuto ai più con il nome di diciassette. Certo, la legittimazione delle teorie non euclidee potrebbe tendere a mettere in dubbio i saldi princìpi della matematica portando in seno l’ipotesi che la suddetta somma non sia necessariamente esatta, ma diciamo diciassette e non pensiamoci più, che se cominciamo a riflettere su tutto non andiamo più a casa.
Ha messo la maglietta dei nirvana,quella che aveva addosso anche l’anno scorso (quella nera con i buchi sotto le ascelle, più diventan vecchie più mi sembrano belle, ha urlato a Max Pezzali durante il gran finale del MI AMI 2012, ma lui non l’ha cagata) ma nel corso dell’anno ne ha indossate anche altre, sia chiaro (alle superiori ero in classe con un tipo che indossava sempre – sempre, perdio – la stessa maglietta di Superman: lui in realtà millantava di possedere sette magliette di Superman identiche, così poteva cambiarla ogni giorno. Io l’ho preso per il culo per tutto l’anno e lui, per tutta risposta, si è presentato l’ultimo giorno di scuola con le sette magliette di Superman. È stato allora che l’ho guardato dritto negli occhi ed ho capito tutto: non era un puzzone, era solo un pirla).
Giulia è bellissima, sente gli sguardi dei ragazzi più grandi che la percorrono dalle gambe ai capelli rossi e pensa: “ennò, mi avete già fottuta l’anno scorso, che cazzo. Io quest’anno la verginità non la perdo: la riprendo”, anche se in realtà piove di brutto e in effetti la combinazione scarpe+calze+mutande+cintura di castità+canottiera+maglietta a manica corta+maglietta a manica lunga+giacchetta in similpelle+giubbotto+sciarpetta leggera+cappellino+ombrello+tenda della Quechua avvolta attorno al corpo lascia ampio spazio all’immaginazione. Aveva anche pensato di portare da casa qualche mattone e del cemento in caso di pioggia particolarmente violenta, ma alla fine ha desistito (se ne pentirà, ndr). Passano alcune ore e la notte milanese (ma soprattutto la pioggia) è scesa su tutti: il diluvio non molla il colpo e i Giardini di Mirò raggiungono il palco Collinetta in kayak inseguiti da un inuit che conosce solo tre parole di italiano: soldi, noleggiokayak e giardinidimirò. La band dichiarerà di non averlo mai visto prima.
La birra e la vodka e il vino e il mojito e il Campari (anzi no, non il Campari: il bitter Martini. Perché dentro al Magnolia hanno il Campari in bella vista ma se glielo chiedi non te lo danno: svolge una funzione puramente estetica) stanno facendo il loro dovere. Giulia è sbronza, ma non ha perso di vista il suo obiettivo. A furia di guardarsi intorno, ora che è tardi e il tasso alcolemico è infinite volte maggiore di quanto concesso ai neopatentati al giorno d’oggi (non che ci voglia molto a superare la soglia dello zero virgola zero, in effetti), nota tra la folla ammassata dentro al Magnolia – ognuno con la propria media di bitter Martini in mano – il tizio dell’anno scorso. Lui, il nemico.
Quello che le ha fregato l’imene.
Gli si avvicina furtivamente, lo afferra saldamente per un braccio, aspetta che si giri, gli legge negli occhi che sì, l’ha riconosciuta, ed esordisce con la delicatezza che la contraddistingue.

– Ridammi il mio imene, testa di cazzo.
– PREGO?
– Ti ho detto di ridarmi il mio imene. Ah, ed ho aggiunto “testa di cazzo”.
– Io… io non ce l’ho.
– Cosa intendi dire di preciso con “non ce l’ho”?
– Esattamente quello che immagini. Non ce l’ho più.
– Aspetta, aspetta: hai detto “non ce l’ho più”, dunque ce l’avevi, giusto?
– Be’, sì, io… sì, insomma, te l’ho fregato.
– Ma che diavolo te ne sei fatto di un imene?
– Volevo mostrarlo agli amici.
– Ok, ok, devo rimanere calma. C-A-L-M-A. Ora, rispondi molto lentamente a questa domanda: perché voi uomini siete così coglioni?
– Non saprei: forse è il testosterone?
– Sì, forse è anche quello. E il mio imene dove l’hai messo, poi?
– Lo stavo facendo vedere agli amici e mi è… sì, insomma, mi è caduto in un tombino.
– Ti è caduto in un tombino.
– Già.
– Tu mi hai fregato l’imene e l’hai fatto cadere in un tombino.
– Sì.
– Dopo quanto tempo dal furto?
– Saranno stati dieci minuti.
– E da allora non ne hai più saputo niente.
– Be’, no.
– E io ora come dovrei fare, secondo te?
– Non so… Ebay?
– …
– No, in effetti forse non è una buona idea. Senti, facciamo un giro in collinetta e intanto ci pensiamo, dai. Prendi qualcosa da bere, pago io. Cosa vuoi?
– Un Campari.
– Non ti piace il bitter Martini?
– No, mi fa cagare. Mi piace il Campari.
– Ok. Ehm… e se bevessimo una birretta? Anzi, no: vuoi uno Jager? La tizia del banco vicino al palco Pertini ti riempie il bicchiere come se non ci fosse un domani.
– Senti, facciamo semplicemente un giro fino in collinetta, ok?
– Ok. Il pedalò per arrivarci lo pago io.

Giulia si sente stranamente sobria adesso, come dopo una doccia fredda o un incidente: mentre raggiungono la collinetta un piroscafo li supera sulla destra generando un’onda anomala di dimensioni preoccupanti, ma lei non se ne cura. Sta pensando al suo povero imene, disperso per sempre nella rete fognaria di Milano. Raggiungono il palco mentre i Giardini di Mirò stanno indossano le mute: manca poco all’inizio del concerto.

– Ehi, hai visto quel tizio? Ma chi è? – esclama Giulia.
– Ah, sì, l’ho visto anche prima. È un inuit che segue i Giardini di Mirò: non ho capito bene perché.
– Andiamo a vederlo da vicino, dai! Voglio vedere meglio i suoi vestiti!
Mi scusi, mi scusi signore, ma lei da dove viene?

Sei secondi di silenzio tombale, poi la risposta:

– Noleggio kayak.
– Sì, ok, è venuto in kayak, ma intendevo: da che Paese viene?
– Giardini di Mirò.
– Ma ha capito quello che le ho chiesto?
– Soldi.
– Niente, mi sa che non mi capisce. Provo in inglese: sorry, but… ehi! Che cazzo è quello?
– Noleggio kayak.
– COSA. CAZZO. È. QUELLO!!
– Ehm, Giulia, stai calm…
– Questo stronzo eschimese ha il mio imene al collo!
– Non sappiamo se è il tuo oppur…
– Certo che è il mio! Dove l’hai preso, brutto stronzo?
– Kayak.
– Oh, merda. Senti un po’, quanto vuoi? Quanti soldi tu volere per imene?
– Soldi.
– Sì, ti do i soldi. Ma quanto?
– Giardini di Mirò.

La conversazione ha mantenuto questo tenore per un tempo stimato di un’ora e venti circa: l’inuit si è dimostrato incapace di imparare altre parole in italiano, men che meno “imene”. Alla fine, in qualche modo, l’affare è stato così concordato: l’inuit ha preteso il pagamento immediato degli arretrati dei giardini di Mirò per il noleggio dei kayak (anche se loro continuano a negare) e un aperitivo a oltranza pagato in cambio dell’imenica collanina.

– Eccoci. Cosa tu volere bere?
– Guarda che se non conosce l’italiano non lo capirà meglio solamente perché non coniughi i verbi.
– Hai ragione: ehm, cosa bevi? Bere! Ordinare! Cosa bevi tu?
– Cosa cazzo vuoi che ti risponda: conosce solo  tre parole!

Risposta a sorpresa dell’inuit, suggerita dai Giardini di Mirò:

–  Campari!

Ma al Magnolia servono solo bitter Martini.

 

Per la cronaca:

qualcuno mosso a compassione si è recato nel più vicino supermercato per acquistare del Campari, pigliandosi la multa per aver violato il blocco del traffico. I baristi del Magnolia, invece, non si sono mossi a compassione;

Giulia ha recuperato il tanto sospirato imene, e dopo aver speso centoventi euro di attrezzature al Brico Center se l’è riattaccato riacquistando la propria verginità. Non vogliamo sapere come;

L’inuit è stato assunto come testimonial del pinguino De Longhi.

I giardini di Mirò rappresenteranno l’Italia alle prossime olimpiadi, categoria kayak;

Il padre di Giulia ci è rimasto molto male quando lei, con la maglietta dei nirvana addosso, gli ha detto: “la più figa di tutti è stata Patty Pravo”. Poi gli ha spiegato il perché, e lui si è rasserenato:

Cioè, vedi papà, non è solo una cantante, capisci? È una diva. Una diva vera. Tu guardi un’ora di concerto e se alla fine ti chiedono che faccia ha il chitarrista, mica lo sai.
Hai visto solo lei.

I privilegi della casta

Bisogna però considerare che otto anni per un
pastore tedesco equivalgono pur sempre
a cinquantasei anni per noi umani.”
(anonimo)

Cari vescovi, ora che sono stato eletto Papa mi sento pronto a portare avanti la mia missione di pace e bene: mi ritengo altresì pronto a diffondere la parola di nostro Signore Gesù Cristo e a godere dei privilegi unici di chi ricopre il mio incarico.
– Avete detto “privilegi unici”, Santo Padre? Cosa intendete di preciso?
– Come sarebbe a dire “cosa intendete di preciso”? I privilegi! La fontana di cioccolato, per esempio: oppure la vasca da bagno piena di Smarties. Insomma, quella roba lì.
– Veramente non esiste niente di tutto ciò, vostra Santità.
– Senti, vedi di non trastullarti troppo con le mie rugose chiappe tedesche.
– Prego?
– Sì, insomma: non prendermi per il culo.
– Santo Padre, con tutto il dovuto rispetto, io non credo che l’Altissimo…
– Chi?
– L’Altissimo, dico. Nostro Signore Gesù Cristo. Non credo gradirebbe questo tipo di attegg…
– Altissimo? E quanto era alto?
– N-non lo so, vostra Santità: nella norma, credo.
– Be’, allora d’ora in poi non lo chiameremo più “Altissimo”, d’accordo?
– E come lo dovremmo chiamare, dunque?
– Lo chiameremo “l’Abbastanza Alto”.
– Non credete sia un po’ avventato? Siete Papa da meno di un quarto d’ora!
– Mi stai forse contraddicendo, ignobile testa di cazzo?
– Veramente io non…
– La vuoi sapere una cosa? Quando ero un giovane nazista, i tizi come te finivano in pasto ad altri tizi come te. O viceversa.
– Volevo solo farVi presente che modificare l’appellativo“Altissimo” in “Abbastanza Alto” forse, ipoteticamente parlando – ma potrei sbagliarmi, sia chiaro – potrebbe non rivelarsi un’ottima scelta da un punto di vista di… Diciamo dell’immagine.
– Ah. Quindi, se ho capito bene, staresti dicendo che non sarebbe una grande mossa pubblicitaria.
-Be’, fondamentalmente sì: sto dicendo questo.
– Forse hai ragione: dunque, ragioniamo all’inverso. Gesù è alto come gli altri, ma deve risultare altissimo. Dunque, le ipotesi sono solamente due: la prima è alzare Gesù. Il Vaticano fornisce delle zeppe?
– Le forniva, Padre: ma negli ultimi anni il mercato si è spostato al Nord, dalle parti di Arcore.
– Allora resta solamente la seconda ipotesi.
– E quale sarebbe, vostra Santità?
– Abbassiamo tutti gli altri. Quanti soldi abbiamo?
– Un’infinità, Padre.
-Perfetto. Allora non appena avremo pagato l’IMU, mi fai un conto preciso di quanto è rimasto in cassa.
– Santità, noi l’IMU non la paghiamo.
– Non la paghiamo?
– No, Padre.
– Cioè la pagano tutti tranne noi?
– Esattamente.
– Senti, ma… di preciso, questo Gesù, cosa avrebbe fatto di così clamoroso, per essere esonerato dal pagamento delle tasse per l’eternità?
– Intendete dire che non conoscete la storia di Gesù, vostra Santità?
– Be’, so che suo padre si occupava di falegnameria e che lui era un bambino un po’ particolare. Ah, e poi mi ricordo quella faccenda del naso che gli si allungava quando diceva le bugie.
– Veramente quello sarebbe Pinocchio, santo Padre.
– Ah. Be’, comunque: quanti fans abbiamo nel mondo?
– Intende i fedeli? I battezzati superano il miliardo.
– Quindi abbiamo circa due miliardi di gambe da accorciare: un bel casino. A motoseghe come stiamo messi?
– Non credo che mozzare le gambe ai fedeli con delle motoseghe possa aumentare i nostri consensi, Padre.
– Certo che siete dei bei rompicoglioni, da queste parti. Ok, ok: ragioniamo. Non possiamo alzare Gesù ma non possiamo mozzare le gambe alla gente. Però potremmo sostituire tutti i personaggi dei Vangeli e della Bibbia con dei nani.
– Dei nani?
– Sì. Anzi: dei nani cinesi. Voglio dare un tocco new age.
– Non la prendete sul personale, santo Padre, ma a me pare una pessima idea.
– La vuoi sapere una cosa? Quando ero un giovane nazista, i tizi come te li infilavamo dentro altri tizi come te. O viceversa. Vabbè, penseremo meglio domani alla strategia da adottare. Per concludere questa stressante giornata propongo di dedicarsi al più classico dei passatempi: birra e puttane!
– Veramente tutto questo non è concesso, signore.
– Lo so, lo so, me l’hanno già spiegato: vanno bene anche maggiorenni.
– Intendevo in generale, Santità: non è permesso.
– Niente puttane?
– Niente puttane, vostra Santità.
– Oh, cazzo.
– Che c’è, santo Padre?
– C’è che io, qui, non duro mica tanto. C’aveva ragione Milingo.

 

Piantagioni di pere nelle nostre deboli menti

Scrivere è un mestiere gramo, ché pare che tutti se ne stiano lì a giudicarti, anche se non è vero. È difficile, e non si tratta di una questione squisitamente grammaticale: non è facile far ridere la gente. Non è facile far piangere la gente. Non è facile avere a che fare con la gente. Non è facile, la gente. Allora mi metto a rileggere quello che ho scritto e penso cose del tipo ah, carina questa, e sorrido: poi parlo con qualcuno che ha letto il blog e scopro che quella battuta non l’ha minimamente colpito. E viceversa, fortunatamente: passaggi che  a me non convincono per niente suscitano l’ilarità di alcuni, portandomi a pensare cose del tipo eeh? o Gulp! o ancora Poffarbacco! ed altre inusitate – vetuste, altroché – esclamazioni.
La verità è che le nostre menti sono piccoli orticelli, o frutteti, o cascine, ed ognuno si impegna a coltivare le proprie piantagioni di pere non curandosi del fatto che nella mente del vicino di casa c’è una fattoria nella quale si produce formaggio. Ma la paura di buttare via le proprie pere tentando di abbinarle al formaggio è spesso troppo grande, e non per la presenza del latticino in sé: solamente perché quel latticino non l’avete prodotto voi. E poi, supponiamo si scopra che il formaggio con le pere è veramente buono: cosa succederò quando verrà a saperlo il contadino? Meglio rinunciare e tenersi solamente le pere, che di per sè già non sono male.
Così ci ritroviamo a vent’anni di distanza con una scorta di confettura di pere che farebbe invidia ad un grossista e una carenza di calcio che ci sbriciola le ossa come biscotti secchi in mano a King Kong.
Insomma, non dico sempre, però, ecco: ogni tanto si potrebbe anche togliere la corrente dal proprio recinto e andare a fare un giro nella fattoria del vicino. Tutto qua.

Questo è un post “contenitore”: grazie a tutti coloro i quali continuano a segnalarci immagini, video e notizie strambe, divertenti.
Ora ballate il twist, e non sarete più trist!

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=sJGo_O61ARg]

Passata la tristezza, riappropriatevi di ciò che è vostro:

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Evitate di sbronzarvi troppo:

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E vedete il mondo! Uscite dalla vostra strada:

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=GxomW9x1eq0]

…ma fatelo con criterio!

“Come va il lavoro? E la morosa ce l’hai?”: piccolo prontuario per difendersi dai convenevoli – prima parte

I convenevoli fanno parte della storia dell’uomo: si vocifera che un tempo i testicoli dell’ essere umano di sesso maschile avessero le dimensioni di una Drosophila Melanogaster (insetto che stimo, da quando ho scoperto che annega le delusioni amorose nell’alcol). Con l’avvento del convenevole ed il conseguente carico di smaronamento quotidiano

(calcolabile tramite la formula     convenevole  x    ,
                                                         tempo

dove  rappresenta il coefficiente δ di smaronamento universale)
essi hanno però raggiunto, negli anni, le dimensioni attuali. In tempi relativamente recenti, poi, l’implemento della superficie scrotale ha subìto un’ulteriore slancio grazie alle seguenti invenzioni: l’ikea, le partenze intelligenti, le domeniche di apertura dei centri commerciali, il curling, le code per curiosi in autostrada, l’ultimo giorno dell’imperdibile offerta televisiva della Mondial Casa, il matrimonio. L’avvento della playstation ha invece generato un meccanismo simile nelle donne che, secondo gli esperti di appletini, si ritroveranno ad avere dei testicoli di dimensioni paragonabili a quelle dei maschi entro il 2040, a meno che non si provveda per tempo allo smantellamento di tutte le consolle per videogiochi esistenti sul mercato. Anche nel caso delle donzelle, ovviamente, vi sono tanti altri elementi che contribuiscono all’ingrossamento dei tanto amati gemelli Scrotos: la Champions League, il poker, le auto sportive, le ruote delle auto sportive, le marmitte delle auto sportive, i cerchi in lega della auto sportive, le riviste di auto sportive e tutti gli altri passatempi tipicamente maschili (nel caso non ve ne foste accorti, sostituitendo il termine “maschili” con “idioti” il risultato non cambia).
Fatta questa doverosa premessa, è chiaro che non si può pensare di debellare qualcosa di antico quasi quanto l’uomo. E dunque, direte voi? Dunque bisogna conviverci, rispondiamo noi, ma c’è modo e modo. La vita è fatta di tante piccole battaglie: vincerle non ti cambia la vita, ma la migliora, almeno un po’. Quindi è necessario combattere: in un modo o nell’altro, tutti quanti ci siamo trovati a pronunciare frasi del tipo “Come va?”, “Bella giornata, eh?”, “Che caldo!”, “Quant’è solo bocca?”, e via dicendo. Come tante altre convenzioni che regolano i rapporti sociali tra gli esseri umani il convenevole è, se estrapolato dal contesto, un atto estremamente stupido: si dice una banalità aspettandosi che la risposta sia altrettanto banale. E ci può stare, sia chiaro: non è la fine del mondo sparare una frase del cazzo aspettandosi una risposta del cazzo, se questo contribuisce a mantenere l’equilibrio mondiale dei rapporti umani. Però (e qui entro nella sfera della terminologia tecnica) tutto ciò ha rotto i coglioni.
Come possiamo difenderci da questa piaga? Come possiamo restituire dignità alla parola? Come possiamo evitare di sentire le solite, tristissime frasi fatte? Come possiamo fantasticare che sia rosso di sera così da poter sperare nel bel tempo?
Una prima possibilità è la seguente: rispondere seriamente. È grottesco, lo so, ma è proprio questo a rendere l’espediente efficace: nessuno si aspetta una risposta sensata ad un convenevole. Facciamo un esempio pratico: Natale e Crocifissa si conoscono appena, e un giorno si incontrano in ascensore. Hanno alcuni piani da superare insieme e, si sa, il peggior nemico del convenevole è il tempo: più ne hai, meno efficace sarà il risultato. Il classico “come stai bene grazie e tu anche io grazie” non dura più del tempo necessario ad ascendere dal piano terra al piano primo, accrescendo il senso di disagio per tutto il tempo rimanente. Ecco un esempio di cosa fare, dunque:

– Ciao!
– Ehi, ciao!
– Anche tu qui?
– Già.
– Allora, ehm… come va?

E qui entra in azione il piano anti-convenevole.

– Bene, grazie. Cioè, sì, insomma, abbastanza, ecco. Per la verità non del tutto bene, insomma, ci sono alcune cose che… è che sto di merda, cazzo.
– …
– Voglio dire, che vita è? Che cazzo di vita è? Lavori come un mulo per poi ritrovarti a giugno a far di conto per capire se avrai abbastanza soldi per andare in ferie. Io non ci sto, cazzo! Sai cosa pensavo, ieri? Pensavo che le aspirazioni sono una fottutissima inculata! Lo sai cosa volevo fare io? Lo sai? Ma no, tu non sai un cazzo: io volevo fare la rockstar, porca di quella troia! La rockstar! Scrivere canzoni molto fiche e avere orde di ragazzine urlanti ai miei piedi, e invece sai cosa faccio? Servo panini in un cazzo di fast food! E così mi tocca lavorare di sera, il fine settimana… non chiudono mai, quei maledetti posti: mai!  Arrivi a casa che puzzi di piscio di elefante: perché non è mica olio, quello delle patatine, che cazzo credi? E tu, invece? Pensi di aver fatto una gran cosa, della tua vita? Eh? Ad un certo punto hai deciso che era ora di mettere la testa a posto, hai preso il primo pirla che si sia dimostrato in grado di sopportarti per un anno e te lo sei sposato: un tizio con il vestito sempre a posto e una laurea ad honorem in alettoni&cerchi in lega. Bella vita di merda.
Ah, a proposito: guarda che lo sanno tutti, che ti scopi il postino.
– …
– E tu invece, che mi racconti di bello?

Il secondo metodo è meno semplice ma altrettanto efficace: fingersi Cher. Qualunque sia il banalissimo approccio dell’interlocutore di turno, voi risponderete questo.

Per ora è tutto: nella seconda parte analizzeremo un’altra serie di metodi altrettanto efficaci. Auguri di buone feste e non dimenticate di deliziare tutti quanti con gli auguri natalizi di appletini.it!

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[youtube https://www.youtube.com/watch?v=t7tN8XGPteo]